TantopremessoTanto per cambiare

Tanto per cambiare, acque tempestose per il Paese: si tirano le somme di fine anno e il giudizio del primo quotidiano d'Italia è severo anzichenò. Dopo la marcia indietro del cosiddetto decreto sal...

Tanto per cambiare, acque tempestose per il Paese: si tirano le somme di fine anno e il giudizio del primo quotidiano d’Italia è severo anzichenò. Dopo la marcia indietro del cosiddetto decreto salva Roma ed in attesa del famigerato “milleproroghe”, la strada del Governo di Enrico Letta resta tortuosa e disseminata di ostacoli. Se l’obiettivo comune è uscire in fretta dalla crisi sociale ed economica, sostiene il direttore del Corriere, de Bortoli, sarebbe dunque meglio fare “poche cose, importanti per la funzionalità del processo decisionale del Paese, per il lavoro, le famiglie e le imprese, ma con elevata possibilità di tradursi in atti concreti, efficaci, reali. In caso contrario registreremmo, come in questi giorni, un altro regalo a Grillo e ai populismi di ogni risma”. Da spellarsi le mani, insomma: bene, bravo, bis. È la conclusione che non mi quadra, però: se il Governo non riuscisse a dar corso ad una road map efficace per rialzarci ed evitare il baratro, non ci resterebbe che constatare che “in Italia gli unici a comandare sono i burocrati dei ministeri, i difensori di grandi e piccoli privilegi, qualunque sia il responsabile politico. Insomma, la repubblica dei mandarini”. Ouch!

Lo so, mi rendo conto – come mi ha fatto notare un collega di lungo corso – di essere troppo difensivista e che rischio di passare per il fiancheggiatore di quelle storture e di quei privilegi che esistono (eccome!) ancora oggi nelle amministrazioni pubbliche. E mi rendo anche conto che ogni tentativo di seria riflessione sulla macchina pubblica rischia di ruzzolare assieme alla rumenta quotidiana nel pozzo dell’onda anticasta. Eppure, per quanto allettante sia oggi far di tutta l’erba un fascio, caro Direttore, continuo a credere che ragionare per generalizzazioni tagliate con l’accetta serva davvero a poco se lo scopo è riaggiustare il giocattolo Italia. Sia chiaro: i mandarini “difensori di grandi e piccoli privilegi” ci sono. Ce ne sono e sono ben piazzati nei posti chiave delle tante pubbliche amministrazioni, così come in qualche comodo e dorato buen retiro. Interpretano e talvolta piegano le norme, scambiano favori e promuovono carriere, elaborano e dipanano politiche, sempre in buon accordo con il vertice politico di turno, che troppo spesso ricambia, in pieno spirito bipartisan, con nomine poco trasparenti. Ma (sorpresa!) non ci sono solo loro: ci sono gli alti burocrati che fanno il loro lavoro con coscienza, ci sono dirigenti che portano avanti uffici con sempre minori risorse, ci sono funzionari e impiegati che tirano la carretta. I mandarini fanno massa con quegli imprenditori che assumono in nero, che troviamo fra i tanti che portano avanti le loro aziende correttamente e con spirito di iniziativa. Fanno massa con quei professionisti che evadono il fisco, che pure esistono fra i tanti medici e avvocati che fatturano regolarmente. E fanno massa, infine, con quei politici che mettono il proprio interesse personale di fronte a quello generale, in mezzo ai tanti che fanno politica perche mossi dai propri ideali. Questo per dire che no, non siamo tutti uguali.

Allora, caro Direttore, cucire lettere scarlatte sulle grisaglie dei burocrati dei ministeri, tutti e indistintamente, troverà certamente ampio consenso in chi, spossato dalla crisi e stomacato dalle tante disfunzioni di questo Paese, vuole soluzioni semplici e immediate, ma allo stesso tempo alimenterà un astio sociale ormai arrivato a livelli di guardia. Se di mandarini vogliamo parlare, andrebbe piuttosto chiarito chi sono questi sommi sacerdoti del codicillo che amministrano e amminestrano, facendo nomi e cognomi. Andrebbe rivelato chi li ha messi dove sono e perché mai resistano a dispetto del mutare dei Governi che, anzi, li coccolano e li ingrassano. Andrebbe fatta luce sul fatto che i ministeri, checché se ne dica, non sono il centro del sistema nervoso dell’Italietta dei favori e del privilegio e che, anzi, ne costituiscono la periferia. E, infine, andrebbe qualche volta scritto sul più prestigioso quotidiano italiano che esistono dei burocrati (sì, burocrati: non è una parolaccia) che servono lo Stato, che hanno a cuore l’interesse pubblico, che non accettano né rendono favori, che non hanno parentele né relazioni con mandarinati di nessun tipo. Insomma, caro Direttore, non si sconfigge il populismo col populismo: lo si eccita.

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