Molti pensano che il ‘politico del 2013’ sia stato Papa Francesco, e hanno ben ragione. Chi altri ha dato risposte, simboliche e materiali, alla peggiore crisi economica dell’occidente dalla Seconda guerra mondiale in poi? Subito dietro Papa Francesco, pero’, si nasconde l’ombra sinistra dell’uomo KGB, Vladimir Putin, ‘l’uomo piu’ potente del mondo nel 2013’ secondo Forbes; ormai temuto e apprezzato (come abile statista, nulla piu’) anche dalla stampa americana. Vediamo di capire perche’, a un mese dalle Olimpiadi di Sochi; e non aggiungiamo nulla sul successo in Siria, di cui abbiamo gia’ scritto (vedi http://www.linkiesta.it/blogs/giovine-europa-now/nessuno-sa-dove-andare-putin-imperat-la-cina-domina).
Primo, Putin ha vinto in Ukraina. Non era cosi’ facile, perche’ gli USA hanno spinto a lungo per l’allargamento di UE e NATO e la stessa UE trasmette (malriposte) illusioni di benessere. La Russia ha risposto con strumenti solidi, non chiacchiere. Kiev ricevera’ da Mosca un prestito da 15 miliardi di Euro; i due paesi hanno poi firmato un’intesa per abbassare il prezzo del gas, che e’ ovviamente importantissimo per l’Ukraina che ne e’ priva. UE e USA, d’altra parte, hanno offerto appelli, cui magari potrebbero seguire terapie shock tipo Fondo Monetario Internazionale. Il punto poi non e’ soltanto materiale. Kiev e’ la culla della Russia moderna, e la quota di russofoni nel paese e’ stimata intorno al 40%; nella parte orientale e meridionale, questi ultimi sarebbero circa l’80/90% della popolazione complessiva. Il russo e’ inoltre lingua dominante nel business. Insomma, l’Ukraina e’ un puzzle complesso e trascurarne l’importanza per la storia russa sarebbe un errore gravissimo. Portare UE e NATO ai confini della Russia suonerebbe poi minaccioso. Putin ha messo le cose in chiaro.
Secondo, liberare le Pussy Riots e soprattutto Khodorkovsky in vista dei Giochi di Sochi e’ stato letto come un atto di distensione e benevolenza, una clemenza che soltanto chi si sente forte puo’ dimostrare. In effetti, e’ difficile cogliervi passi falsi. Purtroppo, Khodorkovsky sa che ‘errori’ potrebbero costargli una brutta fine e non pare personaggio da battaglie ideali, come potevano invece essere dissidenti del passato. Interessante poi che il negoziatore della sua liberazione sia stato l’ottuagenario Hans Dietrich Genscher, il grande Ministro degli Esteri della Guerra fredda, veterano di tante trattative (quella si’, era politica, viene da pensare) tra occidente e Mosca. Forse qualcuno in Germania torna a guardare a Mosca? Curiosamente, Putin presto’ servizio nel KGB a Dresda; Genscher era nato a Halle, sempre ex Germania est, nel lontano 1927. Venti di guerra fredda…
Poi c’e’ la questione caucasica. E’ vero che i recenti attentati a Volgograd hanno riattivato l’attenzione sui problemi di Cecenia, Inguscezia, Dagestan, e la regione del Nord Caucaso in generale. Sochi si trova li’ ed il successo dei Giochi sarebbe il coronamento di oltre un decennio di sforzi di ricostruzione. Anche qui l’approccio di Putin, dopo il terribile bombardamento di Grozny, e’ stato un misto di uso della forza e costruzione del consenso, secondo i dettami della ‘tecnologia politica’ che il Cremlino in questi anni ha spesso fatto propri. E Putin, occorre dire, e’ stato un buon ‘tecnologo’. L’economia cecena ha ripreso a marciare; a Grozny sono comparse moschee e grattacieli, e industrie quali la raffinazione del petrolio, le costruzioni (infrastrutture) e il turismo sono state rilanciate. La scelta dei politici locali e’ stata poi ispirata dall’idea di designare ‘lealisti a Mosca’ di origine periferica, e spesso con qualche parvenza di legittimazione democratica. Il presidente dell’Inguscezia e’ il paracadutista ed ‘eroe della Russia’, Yunus-bek Yevkurov, gia’ combattente (per la Russia) in Kosovo e Cecenia. In Dagestan comanda Ramazan Abdulatipov, gia’ fedelissimo di Primakov e Stepashin, tutti uomini KGB ed ex primi ministri. In Cecenia, il leader e’ il discussissimo Ramzan Kadyrov, i cui metodi sono spesso tacciati di semicriminalita’; anche lui pero’ un ‘eroe della Russia’. Pensare che Putin abbia portato nel Caucaso un minimo di democrazia e diritti richiede un enorme sforzo di immaginazione; sui fronti della stabilita’ e della crescita economica (26% in Cecenia nel 2007), pero’, progressi sono stati fatti. Sochi sara’ la prova decisiva, ma difficilmente accadranno altri guai. Anche perche’ non convengono proprio a nessuno; ridare voce alla cosiddetta ‘minaccia islamista’ metterebbe in difficolta’ Cina, USA, Europa…in un momento in cui di problemi da sistemare ce ne sono gia’ troppi.
La Russia di Putin non e’ una superpotenza come l’URSS, ma ha recuperato forza e credibilita’, ed e’ tornata ‘potenza globale’ con un ruolo attivo su piu’ fronti. In Ukraina e soprattutto Siria, gli USA e l’UE hanno fatto una pessima figura. Anche in Iran, la Russia (che non e’ a favore della proliferazione di armi nucleari) ha svolto un ruolo di mediazione.
Il tema di fondo, tornando a un livello ‘macro’, e’ che l’ottusa aggressivita’ occidentale (che poi resta soprattutto verbale) ha contribuito ad avvicinare sempre piu’ Russia e Cina. Pechino e’ il grande sfidante di Washington, e Mosca, in teoria, potrebbe svolgere un ruolo di mediazione. Invece no. L’insipienza USA (meglio tacere sulla tragicommedia dell’UE) ha trasformato due potenziali avversari in alleati. Certo, le economie e gli interessi strategici di Cina e Russia hanno molti aspetti complementari, ma l’abbraccio tra orso e dragone, gia’ stretto nel 2013, rischia di diventare ancora piu’ intenso. Un esempio? A supporto della missione danese e norvegese, nei giorni scorsi una nave da guerra cinese, la Yan Cheng, e’ comparsa nelle acque di Cipro per aiutare l’incrociatore russo ‘Pietro il Grande’ a rimuovere le armi chimiche dalla Siria. Insomma, navi da guerra russe e anche cinesi scorrazzano nel Mediterraneo orientale, dove un tempo (lasciamo perdere i veneziani…) tenevano banco britannici e americani. Un nuovo ordine internazionale si sta formando, e l’occidente continua a non capirlo, o a fare finta di niente.