Un pupazzetto di Batman tra le lapidi, non credo ci sia mai andato. Non almeno tra quelle lapidi in cui è scritto con lettere di ferro il nome degli avi siciliani di Tancredi. Che poi sono anche i miei.
Il 25 dicembre, invece, seduto ai piedi del piccolo altare della cappella di famiglia, Tancredi è rimasto a giocare, come se niente fosse, con il suo Batman tra le mani, con l’atteggiamento sereno e disinvolto che i grandi lì dentro non hanno quasi mai. Un po’ per tristezza, un po’ per paura.
Mano nella mano con un altro mini uomo di tre anni – suo cugino – ha percorso il viale di cipressi e visto foto di persone che non incontrerà mai, guardato fiori e piccole luci messi lì a far compagnia a chi c’era e non c’è più. Un cimitero, Tancredi ancora non sa cos’è e a cosa serve, ma l’istinto lo ha guidato a stare in silenzio. Con gli occhi sorridenti, ma in silenzio.