Nei Bar, le vetrinette portaliquori, alle spalle del barista, sono oscurate da tendine che vengono giù come cascate sgargianti: sono i biglietti del Gratta e Vinci.
Ce n’è per tutti i gusti, anzi per tutte le tasche. Si va da 1 euro ai 30 euro. Più sale il prezzo e più le vincite (sempre eventuali) si fanno allettanti.
L’ultimo modello sfornato dalla premiata ditta dei Monopoli dello Stato, ha un nome da sogno: Turista per sempre. E va ad aggiungersi agli altri biglietti con altrettanti nomi da favola: miliardario, portafortuna, il tesoro del faraone, magico natale… Tutti nomi che inducono a sfidare la sorte, confidando, con una sola grattata, di risolvere tutte le preoccupazioni del fine mese e dei relativi grattacapi.
Ormai al bar ci si va più per rifornirsi di grattini che per i soliti caffè o ammazza caffè che siano.
Nessuno però vuol passare per giocatore incallito. E tutti s’ingegnano di far passare il momento dell’acquisto del grattino come se si trattasse di un gesto estemporaneo e puramente fortuito. Ma puntualmente, dopo la marca da bollo, l’accendino o il caffè, arriva la richiesta del biglietto vincente.
Le signore più manierate di solito non consumano in loco. Infilano il biglietto nella borsetta e rimandano l’appuntamento con la fortuna a luoghi meno promiscui.
Ma a grattare ovviamente non sono solo le signore. È una vera pandemia che non sta risparmiando nessuna categoria: dal manovale al professionista, maschi e femmine, giovani (e persino bambini) e anziani, oriundi ed immigrati. Tutti, indistintamente, grattano.
Anch’io, nel mio piccolo, l’ultima volta che sono entrato in un bar ho avvertito un insistente prurito, e ho dovuto per forza di cose grattare. Non ho vinto ma non ritenterò, e sarò senz’altro più fortunato.