“E tu che se’ costì, anima viva, partiti da codeste che son morte”. E’ una norma che andrebbe aggiunta alla normativa sui giudizi di abilitazione a cattedre universitarie. Ci pensi il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica per evitare le figuracce su tutti e tre questi fronti nel caso che ha visto coinvolta la commissione di abilitazione per professore di prima fascia del settore A3, denominato: Analisi Matematica, Probabilità e Matematica Statistica. Il problema stavolta però non sono i componenti, che non conosco e né m’importa chi siano, e che non si sono comportati peggio di una ordinaria commissione di commissari ordinari. Il problema è che sono incappati nel giudicare un candidato bravo e morto, senza rendersi conto né che fosse bravo né che fosse morto. E le due cose insieme hanno due effetti perversi: il primo è segnalare che di una delle tre discipline di cui dovevano giudicare, la Probabilità, non hanno competenza; il secondo è che fanno arrabbiare un vivo, come il sottoscritto, che è stato informato, come tutti quelli che si occupano di probabilità e di finanza matematica in Italia, della morte di un collega a cui era legato da rapporti di stima, e che vede l’amico maltrattato alla memoria.
Ecco la storia. Prima di partire per Pechino, dove sono invitato a tenere una relazione a un convegno di probabilità e statistica matematica, per l’appunto, mi viene di scorrere l’elenco degli abilitati e non abilitati al settore sopra definito (cui ovviamente il sottoscritto non ha fatto, né mai farà domanda, perché non è il suo lavoro). Una rivista veloce giusto per vedere come era andata a eventuali colleghi e conoscenti. A un certo punto mi pare di sprofondare in un sogno e sono costretto a sgranare gli occhi. Torno indietro, blocco il cursore e leggo: Peter Michael Laurence. E accanto: Abilitazione, No. Ma possibile che sia lo stesso Peter?, mi chiedo. E poi il ricordo va come una stilettata alla fine di agosto, quando in vacanza ricevo la mail di un collega che mi annunciava (“ma probabilmente lo saprai già”, aggiungeva) che Peter non era più con noi dal 12 agosto. E lo stiletto affonda quando la memoria mi mostra un secondo messaggio, che alla mia richiesta di spiegazioni, rispondeva che Peter se ne era andato sbattendo la porta, sebbene in silenzio come nel suo stile. Anche qualche collega del mio ufficio l’aveva saputo, e quando ci siamo chiesti come sia potuto succedere, nessuno ha saputo avanzare un’ipotesi, ma tutti hanno escluso, e continuiamo ad escludere, che possa essere stato legato alla vita lavorativa e di ricerca, che molti di noi invidiavano.
E ora c’era il mistero di quella “Abilitazione No”. La prima cosa che mi sono detto è: hanno scritto che il suo lavoro non è pertinente, e che la commissione non è in grado di valutarlo. Scarico il giudizio e invece leggo che non è così. I commissari ritenevano la produzione di pertinenza del settore e quindi del loro giudizio. E aggiungevano: “Da una valutazione analitica delle singole pubblicazioni presentate risulta che, a giudizio della commissione, pur essendoci risultati molto buoni, comparsi su ottime riviste, queste non contengono un numero sufficiente di risultati di rilevante qualità e originalità, tali da conferire una posizione riconosciuta, anche a livello internazionale, nel panorama della ricerca nel settore concorsuale”.
E’ soprattutto quell'”anche a livello internazionale” che stride e mi manda in bestia, per quattro motivi. Il primo: una commissione non deve giudicare la risonanza dei lavori “anche” a livello internazionale, ma “soprattutto”, se non “esclusivamente” a livello internazionale. Il secondo: a uno che si chiama Peter Michael Laurence, che ha insegnato al Courant Center della New York University, che lavorava sei mesi l’anno a New York, si sarebbe potuto risparmiare l’inciso “anche a livello internazionale”. Il terzo è che su scholar.google.it dove ho trovato un suo profilo, ancora attivo, risulta che i suoi lavori sono stati citati 787 volte (364 dal 2009), con un fattore h di 15 (15 articoli con almeno 15 citazioni): che questi che citavano Peter stessero su marte? Il quarto aspetto è scorrere quelle citazioni, da cui emerge chiaramente cosa ha fatto Peter Laurence: si è misurato su temi di frontiera di finanza matematica, in particolare per sistemi di grandi dimensioni. Dipendenza in sistemi di grandi dimensioni: proprio il tema del convegno di Pechino, non posso fare a meno di riflettere. Magari a Pechino avrebbero invitato anche lui, mi vien da pensare. Penso che devo scrivere un post. Ma poi vado a letto, con rabbia, dormo male, volo male e a Pechino il jet lag e la cervicale mi fanno dimenticare Peter e il blog. E, se un attimo mi viene in mente, mi dico che sono coinvolto e ho una distorsione a favore di Peter. Non sono obiettivo. Decido di lasciar perdere: il blog non si fa. E in fondo a Peter, che se ne va via in punta di piedi, non sarebbe piaciuto.
Ma eccoci a oggi: Pechino, 5 gennaio. Prima della mia presentazione parla un collega belga, di Lovanio, che presenta un indice di “herd behavior” (comportamento di branco) nei mercati finanziari. E ho un sussulto quando vedo scorrere nella slide il concetto di “comotonicity gap” attribuito a Peter Laurence (insieme a coautori internazionali, ovviamente). E’ su questa idea che viene costruito l’indice. Nella slide finale leggo dei due lavori di riferimento di Peter. Allora prendo la parola, faccio una domanda al relatore, e poi aggiungo: “ma soprattutto molte grazie per aver citato un nostro caro amico che da agosto non è più con noi”. E mentre controllo l’emozione in vista della mia mezz’ora di relazione penso: sono obiettivo, Peter è stato invitato. Devo fare il blog, e al diavolo il jet lag. Ed eccomi qui a tirare le fila di questa strana storia.
Che dire alla (e della) commissione? Un brutto incidente, cose che capitano se si è costretti a fare valutazioni in campi che non si conoscono. E in un settore che si chiama “Analisi matematica, probabilità e statistica matematica” qualcosa di cui non sei competente c’è. E’ come se tu dovessi fare la selezione della nazionale di “calcio, hockey su ghiaccio e curling”. Se ti occupi di calcio come fai a dire se uno che fa hockey su ghiaccio è riconosciuto o snobbato “anche a livello internazionale”? La colpa è qui tutta del ministero che ha accorpato discipline che sono separate, e in cui la più grossa cannibalizza le altre, mentre ha fatto sopravvivere settori con perimetri estremamente più piccoli. Alla commissione resta solo la colpa di non aver capito di non avere competenza. Se non sai che il candidato che si sottopone alla tua valutazione è famoso nel mondo per il “comotonicity gap”, vuol dire che non hai il controllo della decisione che stai prendendo. E restando sulle frasi generali come quella che abbiamo riportato sopra è facile fare uno scivolone nel ridicolo, con l”anche a livello internazionale”. Insomma, se non conosci la lingua e provi con il Gramelot, è probabile che qualcuno se ne accorga…
E infine, che dire a Peter? Diciamo che non avresti dovuto attraversare “quell’ultimo vecchio ponte”, che non l’hai senz’altro fatto per delusioni lavorative, perché avevi tanta gente che ti stimava “anche” in questo mondo accademico italiano. Intanto grazie per averci lasciato i tuoi lavori sul “comotonicity gap” che ha aiutato questi colleghi e che verrà ripreso da tanti altri studenti più giovani. Grazie di aver fatto capolino a Pechino. E che vogliamo dire a questi commissari? Vogliamo metterci a fare confronti con loro, o con altri candidati? No, non è il caso, loro non c’entrano. Lasciamo che i vivi riposino in pace.