Tutti gli italiani dovrebbero andare a vedere La grande bellezza, e non perché abbia vinto un premio prestigioso come il Golden Globe o perché sia un imperdibile capolavoro, ma perché nel film c’è moltissimo di questa Italia.
C’è il tributo a una Roma post-felliniana ipocrita e decadente che nel corso degli anni ha perso smalto ed entusiasmo ma, soprattutto, ci siamo noi italiani con l’indolenza di chi vive alla giornata perché fare progetti per il futuro sarebbe troppo impegnativo.
Già molti anni fa un artista stravagante come Andy Warhol parlava di Roma come dell’esempio di ciò che accade quando i monumenti di una città durano troppo a lungo. La verità è che all’estero continuiamo ad essere considerati una promessa mancata, un Paese e un popolo privi di un grande progetto di sviluppo; siamo identificati come gente incapace di sfruttare al meglio il proprio passato e inabile a trovare qualcuno che sia davvero in grado traghettare il Paese fuori dalla mediocrità.
Così accade, più o meno silenziosamente, che il nostro Belpaese diventi una nazione in vendita che passa sempre più in mani straniere, (s)venduta al miglior offerente.
Secondo il rapporto annuale stilato dall’apposita agenzia delle Nazioni Unite, sono circa 35 i miliardi di euro di capitali stranieri che ogni anno entrano in Italia per comprare palazzi storici, alberghi, pezzi di monumenti e aziende fiore all’occhiello del made in Italy. L’Italia per i miliardari dell’area Brics e degli altri Paesi emergenti è considerata terra di conquista.
Nel 2013 l’emiro al-Thani, proprietario della Qatar Holding, ha acquistato il 40% del quartiere di Porta Nuova a Milano, dopo che un’altra delle sue società aveva già acquisito il Valentino Fashion Group, per la modica cifra di 700 milioni di euro, mentre griffe come Gucci, Bulgari e Fendi non parlano più italiano già da un pezzo. Solo tre mesi fa, un imprenditore neozelandese si è aggiudicato all’asta, per poco meno di tre milioni di euro, l’isola incontaminata di Budelli (famosa per la sua spiaggia rosa), nell’arcipelago della Maddalena.
Perciò, al di là del doveroso tributo al bravo Paolo Sorrentino e alla magistrale interpretazione di un Toni Servillo in stato di grazia, non c’è molto da rallegrarsi per questo premio che, ancora una volta, celebra la decadenza di un Paese allo sfascio che continua a dissipare ricchezze e talenti. E così, come il protagonista della Grande bellezza Jep Gambardella che, dopo un folgorante esordio nella narrativa, continua a sperperare il suo talento, così questo sgangherato treno Italia è forse destinato ad arrancare a bassa velocità su un binario unico, con l’amara consapevolezza di non riuscire ad essere all’altezza delle proprie- grandi- bellezze.