Non aprite quelle porteMorire ai tempi dei social network: la tua morte mi fa bello

La morte ai tempi dei social network ha una sola, grande, enorme, colossale conseguenza: diventiamo tuttologi.Muore Abbado? Via con i messaggi di cordoglio, che – per carità – ci stanno, ma se siam...

La morte ai tempi dei social network ha una sola, grande, enorme, colossale conseguenza: diventiamo tuttologi.
Muore Abbado? Via con i messaggi di cordoglio, che – per carità – ci stanno, ma se siamo cresciuti a pane e People From Ibiza, forse sarebbe meglio rimanere fedeli a noi stessi: inutile postare video di Abbado che dirige i Wiener Philharmoniker, se la cosa più Wiener con la quale siamo venuti in contatto è la Sachertorte.
Anche perché, se vogliamo guardare il capello, non c’è niente di male a non amare la musica classica. Eppure, se ne muore un esponente, ci coglie un senso di inadeguatezza che ci spinge a condividere su Facebook e simili video, frasi celebri, messaggi profondi o qualunque altra cosa testimoni che anche noi ne sappiamo.
D’altra parte mica possiamo fare la figura degli ignorantoni. Cosa ne penserebbero i nostri 596 amici?



Muore un attore famoso? Via di post sull’argomento, ovviamente dopo aver valutato con attenzione se schierarsi dalla parte di chi sostiene che sia (stato) un grande o da quella che dai, insomma, l’hanno sempre un po’ sopravvalutato. Film visti con colui che è passato a miglior vita: tolto qualche spezzone intravisto per caso durante la pubblicità del Boss delle torte, zero.

Muore un attore meno famoso, diciamo di nicchia? Ecco che partiamo con una tiritera su quell’episodio di tanti anni fa che ci ha cambiato la vita: soli, a una matinée in un cinema come non ce ne sono più nel Quartiere Latino, guardando recitare colui che ci ha lasciato, abbiamo avuto una folgorazione e abbiamo deciso di abbandonare la nostra promettente carriera di medici della mutua per diventare flâneur. Ovvero gente che cazzeggia su Facebook e posta messaggi profondi dopo aver controllato i necrologi.

Muore uno scrittore di un certo livello? Dopo un ripassino mentale sul fatto che no, Topolino non ne ha pubblicato una parodia e quindi non ne abbiamo ricordo alcuno, ci precipitiamo su Wikipedia per scorrerne velocemente il cv e trovare quella frasetta che, una volta postata sui social, ci renderà irresistibilmente intellettuali. Libri letti del defunto: uno, ma in formato Bignami prima della maturità.

Muore uno scrittore più – diciamo così – popolare? Ecco che attacchiamo con un’invettiva contro la letteratura da intrattenimento, contro gli Harmony e la Chick lit, contro Moccia e Fabio Volo, perché dai, mica sono libri quelli lì. Romanzi di Sophie Kinsella letti: tutti. L’ultimo lo stiamo finendo mentre denigriamo il caro estinto.

Ma l’importante, si sa, è far vedere che siamo sul pezzo, che dentro di noi si nasconde un fine intellettuale che tutto sa e tutto conosce. Il reale dispiacere, se c’è, per la dipartita passa automaticamente in secondo piano.
È un po’ come con le fotografie ai tempi di Instagram: siamo così impegnati a immortalare ogni cosa – un quadro, un paesaggio, un tramonto, una spiaggia – per far vedere a tutti dove siamo, che a volte ci perdiamo vera bellezza. Mentre stiamo pensando a quali tag mettere, infatti, semplicemente non la guardiamo.

Diceva Aldo: «Però la morale, la morale, c’è una morale: non è importante che tu sia un armadillo o un pavone, l’importante è che se muori… me lo dici prima». Certo, così posso documentarmi per bene e trovare una bella frase a effetto da mettere su Facebook, per commemorare come si deve la tua dipartita.
La tua morte mi fa bello.

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