Domenica 26 gennaio 2014. Anch’io ho fatto la fila in queste ultime settimane di gennaio, un mese che forse diventerà storico per la confusione e l’ansia che le incombenze fiscali hanno indotto in numerosi cittadini.
Tutto sommato, benché non abbia fatto vacanze, mi ritengo fortunato, rispetto ad altri che in coda non ci sono stati perché i “piccioli” non li avevano o dovevano optare per pagare i balzelli o il riscaldamento. Mi sento fortunato, anche se in bolletta. Sono riuscito a pagare la mini-imu, spese varie, il bollo dell’auto e l’abbonamento Tv ed ho “scialato” la tredicesima, nel senso che non è rimasto uno spicciolo per soddisfare i miei segreti desideri.
Quando si è in fila viene spontaneo relazionare con i vicini sulla inedita esperienza e ciascuno ci mette la sua riflessione o commento alle battute e considerazioni degli altri. Così trascorre il tempo e lo sportello si avvicina. Tra le tante “voci” che ho ascoltato, espresse da varie categorie di persone, le più sorprendenti sono condensate nelle seguenti domande.
1) Se la differenza oraria del costo del lavoro tra noi e la Polonia è di 3:1 (cioè un rapporto di 24 € a 8 € circa), come fanno gli imprenditori a tenere aperte le nostre aziende? Nel nostro caso si parlava dell’Electrolux, ma l’esempio si potrebbe generalizzare.
2) E se nel prossimo futuro gli elettrodomestici prodotti in Cambogia, per modo di dire, costeranno 3 € all’ora, cosa farà il Governo per tutelare la occupazione ed arginare le delocalizzazioni?
3) Chi avrà il potere di annullare l’instabilità e la volatilità della turbo- finanza che crea insicurezza in milioni di cittadini?
4) Ma l’Italia è in triste declino o in coma profondo pre-fallimento?
Rientrato a casa, incuriosito, ho tentato di documentarmi, compulsivamente, su tali argomenti che lì per lì non ho ritenuto peregrini e che avevano tanto agitato i miei compagni di attesa. Ho evitato di verificare la fondatezza dell’ultima domanda, lasciandola ad altri più professionisti di me, semplicemente per scaramanzia e perché ero già turbato ed irritato dalla ridda di osservazioni ed ipotesi ascoltate. Alcune anche irriferibili nei confronti dei nostri capi. La cosiddetta classe dirigente.
A) Alla prima domanda, ho dato la seguente sommaria risposta. La differenza dovrà essere compensata ovviamente dalla Europa, dalla BCE e da uno sforzo comune di tutti gli Stati consorziati. Solo così si potrà attuare una politica di armonizzazione di leggi, di costi produttivi, di diritti e di doveri della cittadinanza, nel segno di una integrazione economica, legislativa, progressiva e solidale, che promuova un ambiente di massima libertà per i capitali, le intelligenze e le innovazioni. Scopo primario degli Stati membri è di compartecipare per la salvaguardia, in ciascun Stato, della impresa manifatturiera di alto e medio valore tecnologico nonché di tenere alto l’indice di occupazione e di consumi nell’intera area. Ci vogliono grandi armonizzazioni legislative, grandi compensazioni finanziarie e fiscali per una proficua integrazione anche nella industria ed in altri settori, come avviene per la PAC agricola. In questo disegno, la BCE dovrà mutare funzione e compiti, comunque tenendo bassi i tassi. L’Europa deve trovare innanzitutto una nuova ed energica volontà o ragione politica:il resto sono marchingegni.
B) Alla seconda domanda, mi è stato difficile rispondere univocamente perché la questione implica scelte di politica economica e geopolitica. Infatti, si potrebbero mettere i dazi, ma per un solo Paese tale scelta, per una somma di ragioni, sarebbe, intuitivamente, controproducente. Soprattutto in un mondo in cui la globalizzazione è una nuova divinità, incensata da tutti, perché con essa e la sua logica si deve convivere. Potrebbe essere più semplice mettere delle barriere al confine dell’Eurozona, ma anche ciò si dovrebbe concordare a livello internazionale, da parte di un alta autorità politica, per consentire degli scambi vitali tra i commerci di macroaree assai lontane e diverse. Constato le pesanti difficoltà politiche e diplomatiche, quindi la risposta risiede ancora nella vitalità innovativa ed organizzativa interna all’Europa, tramite una politica di armonizzazione legislativa, comprensiva dei diritti-doveri degli europei per ottenere il tempo necessario affinché “una alta e nobile Politica “si occupi finalmente della questione poiché il fantasma della deflazione e della ennesima recessione morde ormai ovunque per il mondo ed attacca sia Paesi piccoli sia i colossi. .
C)Anche per tale terza questione, la strada è complicata perché lo strapotere della finanza e delle grandi company bancarie, sia di investimento sia commerciali, è stato in parte indirettamente alimentato dalle politiche monetarie dei governi degli Stati indebitati o in difficoltà. Le operazioni più o meno velate di Quantitative Easing(stampa di valuta) ed i LTRO(conversione di obbligazioni di breve o medio a lungo termine o viceversa a seconda del vantaggio) hanno aumentato la liquidità in maniera gigantesca, volume di danaro che tramite gli stipendi, le iniziative pubbliche e private, il risparmio ed il forsennato ed indiscriminato pompaggio di denaro agevolato si sono alla fine del ciclo riversati nella bolla finanziaria in cui ci troviamo. Si ritiene, infatti, che la massa finanziaria sia in rapporto di 8 a 1 rispetto alla economia reale. Paradossalmente, anche il deliberato rallentamento della generosa fornitura di cui sopra, scelta tecnicamente denominata “tapering”, anziché migliorare il trend economico lo avvita in una spirale di recessione o deflazione. Nei Paesi cosiddetti emergenti infatti la paga delle maestranze è bassa mentre anche in quelli di vecchia industrializzazione è al minimo, deprimendo acquisti di beni e servizi. Come uscire dall’impasse nonostante gli sforzi intrapresi? Un rimedio, discutibile e forse da perfezionare (se non addirittura da approfondire come esercizio teorico), sarebbe il considerare come monete ufficiali del commercio mondiale non solo il dollaro, ma anche l’euro, il rublo, la sterlina, il dollaro australiano, il reais brasiliano, la moneta cinese (renminbi), l’indiana (rupia) e la giapponese (yen). Tale paniere dovrebbe esprimere il valore costante di ciascuna moneta relativamente alle altre, almeno per un quinquennio, poi ci sarebbe una eventuale ritaratura negoziata. Gli Stati e le ditte private dovrebbero utilizzarle con tranquillità e con garanzia in ragione di una quota contingentata.
Ciò consentirebbe una stabilità dei prezzi delle materie prime, delle merci e dei manufatti per consentire alle particolari economie di risollevarsi tramite riforme e ristrutturazioni interne ai rispettivi Stati, dando ossigeno alla economia e alla politica buone rispetto a quelle indisciplinate o inefficienti. Non ci sarebbe inoltre il monopolio di una moneta rispetto alle altre. In modo rilevante, infine, la possibilità di regolare lo scambio con molte valute comporta una regionalizzazione dell’uso delle stesse, poiché ognuna di esse verrebbe maggiormente utilizzata in una macroarea vicina o affine. Tale utilizzo monetario favorirebbe la costituzione di macroaree economiche che avvantaggerebbero un clima distensivo e più collaborativo alla soluzione dei problemi relativi alla finanza speculativa. Al proprio interno, ciascuna zona, infine, sarebbe costretta a reperire i migliori indici di sostenibilità economica, occupazionale e dei consumi…. Non so andare oltre né lo voglio, forse quanto detto è solo il frutto acerbo di pensieri fantasiosi o in libera uscita, tuttavia sintetizzano un po’ le chiacchiere di una fila a ridosso di una crisi di nervi verso la politica inconcludente e verso dei politici che blaterano di leggi elettorali e di spostare da qui a lì il magro budget disponibile, senza un progetto di società o nuove convinzioni. Una calca di gente che, per me, sebbene alla buona, non acculturata nel merito, dimostrava però tanto buon senso per il futuro, per la ricerca di stabilità economica ed era indisposta contro la speculazione finanziaria.
Non so se le mie divagazioni intellettuali, sollecitate dalla insoddisfazione di una coda di persone impazienti e critiche, in una umida e cinerea giornata invernale, abbiano partorito qualcosa che sia utile, o quanto meno uno stimolo, alla generale depressione psicologica e al senso di vuoto che ci piove addosso da ogni parte. Non so se tali sentimenti e sensazioni possano sferzare la politica ad assumersi la responsabilità di scelte, anche difficili, che originariamente le appartengono. Una cosa è certa però :di una “politica alta” c’è bisogno a livello nazionale e mondiale. Poiché senza un inedito salto di qualità non ci sarà un vagito di nuova cultura né di nuova e più stabile economia.