Sulla diatriba riguardo l’accordo Renzi-Berlusconi ci sarebbero altre disquisizioni da sviluppare. Una di queste riguarda coloro che chiedono le preferenze. Basti pensare ad Alfano e al Nuovo Centrodestra, come anche a Cuperlo. Sembra che la preferenza sia l’unico modo o, a detta dei difensori, il migliore per il rapporto elettore eletto. chi la critica (me compreso) ricorda le nefandezze della prima repubblica o i consiglieri regionali inquisiti. Però non va dimenticato, ad esempio, che con le liste bloccate sono stati votati Nicole Minetti (Consiglio regionale della Lombardia) e il duo Razzi-Scilipoti, passati dalla corte di Di Pietro a quella di Berlusconi. Mastella invece, grazie alle preferenze, si è fatto eleggere europarlamentare del Pdl, ora Forza Italia.
I difensori delle preferenze non si preoccupano degli sbarramenti alti ma dell’assenza della scelta diretta del candidato. Questa cosa mi fa riflettere perché con questi sbarramenti rischierebbero (secondo gli attuali sondaggi) di rimanere in Parlamento solo Pd, Forza Italia e Movimento 5 Stelle (che, tra l’altro, nonostante il largo consenso critica sistemi elettorali che riducano la rappresentanza democratica in base al pluralismo). Un Movimento 5 Stelle che al momento sta decidendo online, attraverso il voto degli iscritti, quale sistema elettorale portare in Parlamento. Non esattamente come Renzi che, in virtù dei voti alle primarie, pretende di rappresentare il suo elettorato quando va a fare con Berlusconi l’Italicum senza che ci sia un vero cambiamento rispetto al porcellum.
Un Di Pietro in gran spolvero, al programma La7 L’Aria che tira, ha spiegato senza rendersene conto su cosa si tiene la richiesta delle preferenze. Lui ha spiegato che l’accordo di Renzi va bene nel merito ma non nel metodo (la metafora dello slinguazzamento con Berlusconi è stata fin troppo efficace), però bisognerebbe inserire le preferenze o comunque le primarie. Voleva votare alle primarie del Pd ma lo hanno allontanato. Ha spiegato che era disposto a partecipare alla riduzione della frammentazione politica (come mai nel 2008 non ha fatto il gruppo unico in Parlamento con il Pd di Veltroni come da accordo allora?) ma se così fosse poi il Pd dovrebbe candidarlo, almeno alle primarie (in Molise o alle elezioni europee), sottolineando che così risulterebbe eletto visto che ancora oggi detiene un consenso che gli permette di ottenere tante preferenze (pensiamo alle elezioni europee).
Quello che era un dubbio per me ora è una certezza. Alcuni tra i partiti minori sono anche disponibili a un compromesso che elimini la presentazione di una lista alternativa rispetto a quella di Pd o Forza Italia, a patto che ci siano le preferenze. Persone come Di Pietro e Alfano riuscirebbero senza grandi problemi ad essere eletti qualora gli fosse permesso di candidarsi nei maggiori partiti. Alla fine è sempre un problema di cinismo e non di buon senso o di principi. Il fatto è che Renzi ha fissato l’accordo (prima di decidere col partito…) e le preferenze non sono nei pensieri di Berlusconi (ma in fondo nemmeno del sindaco di Firenze). Senza contare che la stessa minoranza Pd, che teme un ridimensionamento di candidature da parte di Renzi, punterebbe sulle preferenze per avere maggior certezza di elezione dei propri candidati.
Sarebbe ora da spiegare le somiglianze tra porcellum e Italicum, ma lo farò in un altro post. Mi limito a rispondere, alla giusta obiezione che le preferenze ci sono sia alle elezioni europee che a quelle regionali e comunali, che bisognerebbe probabilmente riflettere se sia veramente la soluzione migliore, viso che in molte regioni ci sono una sfilza di consiglieri indagati per reati vari. Posto che, più delle preferenze, può un’etica dei cittadini e un loro vero controllo su chi si candida, sui suoi interessi e su ciò che fa/non fa una volta eletto.