Era già successo nel marzo scorso che nel brindisino venissero scoperti fanghi di dragaggio tossici, provenienti dall’ex area Belleli del porto di Taranto, illecitamente sversati nelle campagne salentine. Il Nucleo Operativo Ecologico di Lecce arrivò giusto in tempo per impedire che altre settantamila tonnellate venissero tombate in cave ormai dismesse. Oggi la storia si è tristemente ripetuta e il Noe di Lecce, su provvedimento della Procura di Brindisi, ha apposto i sigilli su una ditta di Mesagne- in provincia di Brindisi- che avrebbe smaltito tredicimila tonnellate di fanghi tossici. Questa volta però i rifiuti, invece che nelle cave, venivano sepolti tra ulivi e frutteti nelle campagne del brindisino, con un evidente pericolo di contaminazione della falda acquifera e un concreto rischio di immissione di elementi nocivi nella catena alimentare.I fanghi tossici di dragaggio, provenienti dall’aerea ex Belleli del porto di Taranto, sulla carta avrebbero dovuto essere smaltiti in loco e dunque adibiti a uso industriale avvalendosi di falde acquifere già salinizzate; invece, in violazione di tutte le norme ambientali, i fanghi sarebbero stati miscelati con rifiuti di ogni tipo: plastica, cemento, bitume ed inerti provenienti da cantieri edili, peggiorando ulteriormente il loro potenziale altamente inquinante.
L’area ex Belleli del porto di Taranto, trentasei ettari di terreno confinanti con l’Ilva, attende da anni, di essere bonificata e messa in sicurezza. Eppure ad oggi questo non è ancora successo, nonostante la Puglia vanti da qualche tempo il triste primato di un’incidenza tumorale tra le più elevate d’Italia.
L’indagine che oggi ha portato alla denuncia di otto persone fisiche e quattro giuridiche per concorso- a vario titolo- della gestione illecita di rifiuti ed esercizio di discarica abusiva, ha preso inizio nel marzo 2013 grazie alla segnalazione anonima di un cittadino che ha permesso ai Carabinieri del Noe di accertare l’effettivo smaltimento illegale.