Autogol. E anche clamoroso del neo segretario del Partito Democratico.
Il sostegno del Sindaco di Firenze a Fausto Raciti, parlamentare del PD e segretario dei Giovani Democratici, è il frutto di un accordo siglato a Roma con l’area cuperliana. Il motivo alla base di esso pare essere la volontà di Renzi di non dividere il partito, cercando di ottenere il più possibile convergenze sulle candidature alle varie segreterie regionali del PD.
Tale desiderio di unità potrebbe sembrare anche una buona opzione per un Paese dilaniato dalla disoccupazione, da una ripresa economica che tarda ad arrivare ed al quale non servono lotte intestine di partito, ma riforme serie e non più rimandabili. La questione, tuttavia, torna a porsi con forza nel momento in cui si vengono a derogare quei principi di cambiamento radicale sui quali si è costruita la propria candidatura a livello nazionale.
“Sul carro non si sale, il carro si spinge” tuonava il Matteo Nazionale giusto pochi mesi fa. Peccato che tra il dire e il fare talvolta vi sia di mezzo un oceano.
Fausto Raciti, 29enne ma già uomo d’apparato, nonchè fedelissimo di D’Alema e Cuperlo, ottenne il posto da parlamentare lo scorso febbraio senza passare dalle primarie, inserito nel listino bloccato dall’allora candidato premier Pierluigi Bersani.
Il giovane deputato, autore del libro “L’imbroglio della meritocrazia”, è il candidato scelto da Renzi per la guida del PD siciliano. Il sindaco fiorentino, dopo aver compiuto la scalata al partito a suon di “rottamiamo i vecchi dirigenti che hanno fallito in questi 20 anni”, ha pensato bene di scendere a patti con essi, raggiungendo un accordo con Vladimiro Crisafulli e trovando convergenza sul nome di Raciti. (Curioso notare come fino a poche settimane prima Crisafulli venisse definito a più riprese un’”impresentabile” da parte del mondo renziano).
Il congresso deve essere ancora celebrato e i candidati in campo sono 5. Tuttavia, visto l’endorsement netto da parte del segretario, difficilmente i militanti siciliani non ascolteranno gli ordini giunti da Roma.
Ciò che stupisce è come Renzi, dopo nemmeno due mesi che è alla guida del primo partito italiano, abbia confermato la triste logica della sinistra di fare compromessi al ribasso, pur di non scatenare faide interne.
Vi sono altri casi nella penisola italiana dove ci potrebbero essere spiacevoli sorprese. Un esempio è l’Abruzzo, terra in cui la senatrice Stefania Pezzopane, ex bersaniana di ferro che vanta al suo attivo commenti quali
“Renzi piace alla destra più becera come Sallusti. Non ho mai votato persone di destra, figuriamoci se lo faccio ora, alle primarie del centrosinistra” (primarie 2012),
potrebbe essere la candidata sostenuta dalla segreteria nazionale alle elezioni regionali che si terranno a maggio; anche se, da politica di professione, appare più probabile che la disponibilità della suddetta a competere alle primarie sia “di servizio” e funzionale alla piena legittimazione del candidato forte del PD abruzzese Luciano D’Alfonso, nonostante egli risulti tuttora sotto processo per presunti reati amministrativi.
Si parla anche di una possibile riconferma di Stefano Bonaccini, illuminato sulla via rottamatrice dopo la chiamata da parte di Renzi alla guida della sua campagna per le primarie, a capo del PD emiliano-romagnolo, sostenuto sia da renziani che cuperliani locali stretti in un grande abbraccio sul modello Sicilia.
Se questi nomi rappresentassero il #cambiaverso tanto auspicato dai quasi 2 milioni di elettori che hanno votato per Renzi lo scorso 8 dicembre, verrebbe da dire che non è il verso ad essere cambiato, ma solamente gli attori. L’augurio è che Renzi, ricandidandosi a Sindaco di Firenze, possa tornare ad occuparsi più degli impegni cittadini piuttosto che alle trattative sottobanco per accontentare una parte di sinistra interna al PD i cui malumori verso la nuova segreteria crescono di settimana in settimana.
Francesco Villa
@frav89