Buona fame!Se festeggio il pezzo di carta che male vi fo?

Festeggiamenti goliardici di un laureato a Padova (tratta da www.compagniaarcieriditreviso.it) "Dottore/dottore/dottore del buso del cu'": se capitate al Bo di Padova, lo storico palazzo che...

Festeggiamenti goliardici di un laureato a Padova (tratta da www.compagniaarcieriditreviso.it)

Dottore/dottore/dottore del buso del cu’“: se capitate al Bo di Padova, lo storico palazzo che ospita il rettorato di una delle più antiche università del mondo, quando c’è una sessione di laurea, la via antistante, nel pieno centro della Città del Santo, brulicherà di strane adunate. Capanelli di giovani vocianti in cui si intona, appunto, questo canto da trivio e con in mezzo un poveraccio, spesso in costume o pose strane e più propriamente ridicole.  Il malcapitato è infatti un neodottore, festeggiato in maniera, per così dire, goliardica. 

Da qualche anno, per evitare di lordare il selciato (liquidi vari e farina sono all’ordine del giorno) e di incorrere nelle sanzioni municipali, i festeggianti si sono muniti di ampi teli in nylon, che stendono sotto i piedi del celebrato.

Scene simili si possono vedere, anche se con minore intensità forse, sotto i portici di via Zamboni a Bologna, strada dell’università più antica, l’Alma Mater, mentre, alla compassata Cattolica di Milano, la lauree è festeggiata dalle neodottoresse, attraversano rapidamente (tolte le scarpe) il prato dei chiostri , solitamente off-limits.

Oggi su Repubblica, un pezzo della brava Laura Montanari racconta del desiderio crescente delle famiglie italiane di festeggiare le lauree dei propri figli e di discussioni di tesi che vedono un pubblico sempre più nutrito di amici e parenti, tanto che in alcuni atenei, come la Bocconi, è stato introdotto un vero e proprio contingentamento delle presenze parentali: 10, al massimo per ogni laureato.

L’articolo riporta anche reazioni un po’ sconcertate di rettori, prorettori e docenti universitari di altri atenei che tradiscono un po’ di fastidio per il fenomeno. Stefano Pivato, magnifico ad Urbino, lo dice apertis verbis: “Siamo al paradosso: mentre da un lato si sostiene che la laurea è svalutata, la stessa assume un valore simbolico, diventa un evento, una festa da allargare anche ai parenti lontani”. Altri alzano il sopracciglio dinnanzi a un cotanto festeggiare, magari per una laureetta triennale, con tesina da 40 slides in power point.

Viceversa altrove, come a Ca’ Foscari, ateneo veneziano, s’è pensato di conferire solennità al conseguimento della laurea, organizzando una cerimonia con tutti i neodottori in Piazza S.Marco che, all’unisono, lanciano nel cielo veneziano i loro tòcchi, tradizione molto americana e da qualcuno ritenuta anche un po’ kitch, essendo organizzata nel cuore stesso della città dei Dogi.

Meglio però il kitch eventuale di un’accademia che non sa riconosce questo desiderio di riscatto di migliaia di famiglie italiane nelle quali, come ricorda spesso Andrea Cammelli presentando i Rapporti statistici di AlmaLaurea di cui è direttore, la laurea entra per la prima volta.

Un’università meno choosy, meno schifiltosa cioè, e più disponibile a considerare la tradizione come patrimonio, sarebbe già sulla buona strada per risolvere un po’ dei suoi probelmi.

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