Essere piccoli non coincide con l’essere stolti, o cose del genere.
Esiste -al contrario- un biologico rapporto tra i bambini e la capacità di fagocitare in maniera intensa gli insegnamenti che provengono dall’esterno.
In questo giorno, dove le più grandi banalità si consumano tra frasi proforma e cerimoniali densi di astrazione, bisognerebbe -per una volta- fare qualcosa di concreto. Mettere da parte tutto quanto è consegnare la memoria della Shoah a chi può farne realmente tesoro: i bambini, per l’appunto.
Rispetto ai grandi, le cui vite sono contaminate dal cinismo e dalla rassegnazione, loro conservano ancora quell’energia vitale che può farsi scudo dai pregiudizi, che può portare loro all’indignazione e in definitiva all’azione.
Che sia un gioco, un film o un cartone animato a svelare loro quella triste parentesi storica, non importa: il giorno della memoria avrà senso solo se sarà trasmessa la memoria stessa. È questo ciò che conta. Le cerimonie vengano lasciate ai grandi, quelli che oggi: “Che brutta cosa è stata la shoah”. E domani “ ‘Sti zingari di merda”
(dipnto di Elisabetta Pasanisi)