Da casa a casaFrancesco Facchinetti: «Ecco quanto “conta” il mio viaggio»

Se c’è una cosa che non manca a Francesco Facchinetti è l’esperienza. Nato in un ambiente impregnato da buona musica (è figlio del tastierista dei Pooh, Roby), si è fatto conoscere nel nostro Paese...

Se c’è una cosa che non manca a Francesco Facchinetti è l’esperienza. Nato in un ambiente impregnato da buona musica (è figlio del tastierista dei Pooh, Roby), si è fatto conoscere nel nostro Paese in numerosissime vesti. Diverse, sì, ma sempre assolutamente aderenti alla sua persona, al suo modo di intendere l’arte e la vita. Nel 2003, “La canzone del capitano” diventa Disco d’Oro ed è il tormentone dell’estate. Negli anni a venire, altre canzoni lo porteranno sul palco di Sanremo. Poi la carriera di conduttore televisivo (tra i programmi più importanti la seconda edizione di X-Factor) e radiofonico (è attualmente affiancato da Pippo Pelo nel fortunato I corrieri della Sera su Radio Kiss Kiss). Ma, nonostante tutto, ha ancora molto da voler conoscere, imparare, vivere. Lo abbiamo incontrato alla LabTourism Night, un evento organizzato da Silvia Slitti presso l’Hotel Boscolo di Milano con lo scopo di presentare un nuovo modo di vivere il turismo partendo dalla tradizione. E aiutando, con uno speciale tour su uno speciale tram della città (dovutamente “vestito a festa”), i bambini del reparto di Pediatria dell’ospedale Fatebenefratelli. Come ci ha spiegato Francesco, quando ci sono cose così importanti in gioco, «non si può dire di no».

Cosa significa per te il viaggio?

Per me il viaggio è tutto: io sono un fanatico del viaggio. Ho iniziato a girare fin da piccolino: il primo viaggio l’ho fatto praticamente a zero anni, perchè mio padre mi ha portato in tournée appena nato, in camper. L’Italia la conosco da Courmayeur a Gela; conosco veramente tutto di questo splendido paese. Poi, quando ho avuto la possibilità e il permesso dei genitori, ho cominciato a viaggiare per tutto il mondo. Così ho avuto la fortuna di cominciare ad andare in Sud America, che é un posto che volevo visitare fin da bambino, pur non sapendone il perché. Forse perché ne ero legato per suoni, profumi, e cultura. In sei anni ho visitato Cuba, Venezuela, Honduras, Nicaragua e Argentina. A l’Havana ho conosciuto le radici di parecchi movimenti musicali molto interessanti. Mi piace entrare in contatto con la cultura del luogo. Per tutti questi motivi, il viaggio vuol dire veramente tanto per me: scambio di culture e di opinioni, riuscire a riempire il proprio bagaglio di esperienze nuove e diverse, divertirsi, azzerare tutto, ricominciare da capo. 

Raccontaci qualche aneddoto…

Spesso e volentieri, vado a New York per lavorare come piegatore di magliette nei negozi di Armani. Fa ridere che quando entra gente italiana mi dice: «Ma cosa ci fai qui, Facchinetti? Hai cambiato lavoro?». Sono anche andato a lavorare al McDonald’s di Londra. Ho fatto il famoso “giro del McDonald’s”: stupendo. Lavorare alla friggitrice, pulire il parcheggio fuori, consegnare panini e stare in cassa. Ho fatto veramente di tutto…

Hai da poco iniziato a suonare musica Electronic con un gruppo, gli WAP, che si sta facendo conoscere non solo in Italia…

Con gli WAP (“We Are Presidents”, ndr) sta andando molto bene: abbiamo incominciato per scherzo ma abbiamo già incanalato una settantina di date in tutta Italia. Sono tante, contando anche il momento di crisi dove non c’è una quantità enorme di denaro da spendere. Siamo entrati in una certa “fascia di sicurezza”, ossia stiamo rappresentando un progetto che porta molta gente. Nell’evento di Roma c’erano quasi tremila persone.

La cosa bella è che abbiamo portato la nostra musica anche fuori dall’Italia. Io in Italia sono più famoso per altre cose. Mi è piaciuta molto la nostra “trasferta” in Olanda, luogo dove il nostro genere musicale va molto: noi facciamo essenzialmente musica EDM, Electronic Dance Music. Da giugno saremo a Las Vegas. Pochi giorni fa è uscito il nostro nuovo singolo “Mi ricordo di te”. L’altro singolo, “Il mondo e qui”, è andato molto bene. Un progetto che è nato quasi per scherzo con alcuni amici, ma che ci sta dando molte inaspettate soddisfazioni.

Recentemente hai cantato una canzone, “Conta”, che è stata inserita nella colonna sonora della fiction di grande successo di Rai Uno, Braccialetti Rossi. Cosa è stato Braccialetti Rossi per te?

Un giorno mi ha chiamato Niccolò (Agliardi, ndr) dicendomi: «Franci, hai voglia di cantare questo pezzo?». Io ho risposto: «Guarda, io non canto più da sette anni. Ho deciso di non farlo più. Ho prodotto, produco e continuerò a produrre un sacco di musica, ma non voglio più cantare». Detto questo, lui mi ha mandato lo stesso la canzone che si chiama “Conta” e il testo, e un trailer in spagnolo della serie che si sarebbe riprodotta in Italia. Mi ha mandato quattro minuti che ne raccontavano la storia. Ho visto ragazzi che condividevano (a volte, con fatica) una cosa oggettiva come la malattia ma che allo stesso tempo, grazie alla forza del gruppo che vanno a creare (ci sono il leader, il vice-leader, l’imprescindibile, la ragazza, il furbo, il bello, …), sono riusciti a superare anche i momenti più assurdi che una malattia come il cancro o l’anoressia comportano. Sono momenti difficili e duri che, avendo una malattia del genere, sei obbligato a passare. Questa è una storia che fa emergere una grande positività; una storia che, da una parte, ti mette in faccia in maniera cruda, reale e vera, quello che è il percorso della malattia, quel “viaggio agli inferi” che si è chiamati a fare per poterne uscire. Dall’altra parte, ti fa capire come l’unione e l’aggregazione (e, quindi, il poter condividere un percorso) possano portare a qualcosa di buono. 

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