Il Comune di Roma ha un’eredità pesantissima; il commissario straordinario per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale ha recentemente spiegato al Senato come a luglio 2010 lo stock del debito trasferito alla gestione commissariale ammontava a circa 20 miliardi di euro e come che quel debito venga oggi pagato, ogni anno, per 300 milioni di euro dallo Stato e per altri 200 dai cittadini romani con l’addizionale IRPEF.
Il Sindaco Marino, certo, non è essere responsabile dello stato delle finanze di Roma Capitale e di quella enorme pletora di partecipazioni che il Comune controlla, fonte di perdite miliardarie negli ultimi anni. Non è responsabile per il passato certo. Ma se non cambia direzione è molto probabile sarà coinvolto per il futuro. La sua città, ricordiamo, tra personale diretto e società partecipate ha circa settanta mila dipendenti. Come riportato recentemente in Senato da Linda Lanzillotta“nel settore delle municipalizzate (per occuparci solo di quelle, perché il comune di Roma ha anche un rapporto tra dipendenti e abitanti di gran lunga superiore rispetto alla media dei Comuni italiani: ma lasciamo perdere, perché questo si giustifica col fatto che il suo territorio è molto vasto, molto disperso, dunque ci sono molte circoscrizioni, si contano ben 21 partecipazioni dirette e in via indiretta il Comune di Roma detiene 140 pacchetti azionari). Il complesso di queste aziende occupa circa 25.000 dipendenti. Il grosso è assorbito da ATAC, che occupa quasi più dipendenti di Alitalia, e da AMA, ma ciò che va sottolineato è che tra il 2008 e il 2010 questo perimetro di dipendenti è aumentato di quasi 4.000 ulteriori unità, non solo nelle società di pubblico servizio, ma anche nelle cosiddette società in house, cioè quelle che svolgono per il Comune delle attività di rilevanza pubblica, come la progettazione immobiliare e la gestione dei servizi culturali, e che il Comune stesso finanzia a piè di lista trasferendo l’ammontare dei contratti di servizio. “
Questo stato di cose non è più sostenibile. Bisogna invertire questa deriva della spesa pubblica. Una cosa che il Sindaco Marino potrebbe fare e subito è un’asta competitiva internazionale sul 51% di Acea, la multiutility romana. Questo avrebbe due effetti immediati: potrebbe realizzare un incasso importante e dall’altra parte una gestione veramente solo privata che si dovesse confrontare con una autority indipendente potrebbe, grazie ad una maggiore efficienza gestionale, abbassare le bollette per i Clienti Acea. Scrivevo oggi su Il Foglio che il momento di mercato, tra l’altro, sembra propizio per vendere. La multiutility romana, infatti, arriva da un momento positivo. Capitalizza circa 2 miliardi di euro in borsa ed il titolo si è apprezzato di oltre il doppio in questi ultimi dodici mesi, in linea con quanto fatto da A2A e Iren, ed il doppio di quanto fatto da Hera, la multiutility bolognese. La vendita di Acea si avvantaggerebbe anche della mutata percezione degli asset italiani da parte di molti investitori internazionali.
Basta tasse. Il Sindaco di Roma dia l’esempio: spending review e asta su ACEA.