Non aprite quelle porteIngozziamoci di libri. Oppure no

Spopola sui social network un articolo apparso su Internazionale dall’evocativo titolo “Come leggere un libro alla settimana”, in cui Julien Smith lancia una sfida: «Negli ultimi cinque anni ho let...

Spopola sui social network un articolo apparso su Internazionale dall’evocativo titolo “Come leggere un libro alla settimana”, in cui Julien Smith lancia una sfida: «Negli ultimi cinque anni ho letto più di un libro a settimana, senza ritardi o interruzioni. Sono sempre stato in anticipo sulla mia tabella di marcia. Vorrei che quest’anno lo facciate [sigh, nda] anche voi. [..] Perché è importante leggere tanto. Ti fa sentire benissimo. Ti dà una quantità incredibile di idee. Ti aiuta a pensare in maniera più profonda. È meglio della tv e perfino di internet. Ti aiuta a capire il mondo. È il mattone che costruisce l’abitudine di portare a termine le cose. Vabbè, la faccio corta, fatelo e basta».



Questa è la sua ricetta: 40 pagine al giorno, preferibilmente di mattina presto, mai lasciarsi andare, mai rimandare a domani, mai cedere alla tentazione di non leggere, mai rimanere indietro. In caso di difficoltà in questo tour de force, chiamare la Muller di College che, con il suo frustino, saprà rimettere tutti in riga (ok, questo non l’ha detto).
Insomma, un bell’imbuto in gola e ingozziamoci di libri: diventeremo un ottimo paté di cultura da spalmare su aride fette di ignoranza.
Io, purtroppo, sono già fuori dai giochi e al massimo posso ambire a diventare un surrogato da discount: stamattina in treno ho dormito. Il libro era lì, nella mia borsa, ma io l’ho ignorato volutamente e ho chiuso gli occhi. Che sfacciata!

Sui social network ci sono diverse correnti di pensiero. C’è chi plaude all’iniziativa perché «era ora, siete tutti ignoranti»; c’è chi la guarda con occhio critico «perché leggere è un piacere, se ci si sente obbligati che piacere è»; c’è chi storce il naso perché «ma dai, cosa vuol dire leggere a caso solo per leggere? Sartre buono, Fabio Volo cattivo, lo sanno tutti».
Leggere è un bene, se piace, ma è un male, se è un obbligo, e una maratona (forzata) giornaliera di 42 pagine e 19 righe e mezzo, se mal gestita, può diventare più fastidiosa di una supposta o di un flauto delle medie. E non è detto che interromperla per alzare lo sguardo e osservare quello che succede non sia invece, a volte, la cosa giusta da fare.

I libri – tutti i libri – vengono letti, abbandonati, ripresi, scartati dopo tre pagine, terminati per sfinimento o divorati in due ore. E va bene così, con buona pace di Julien Smith e, per altri versi, con buona pace anche degli intransigenti della lettura, quelli cioè che sottolineano ogni volta la loro superiorità sul resto del mondo in quanto (a) lettori e (b) lettori impegnati.
A loro vorrei ricordare che:
– la signora che in treno legge un Harmony non è un oltraggio al pudore;
– in libreria non si rimane fulminati se ci si avvicina troppo a I love shopping;
L’uomo senza qualità è solo un libro letto, non un piedistallo dal quale guardare tutti con sufficienza.
Il quinto diritto è quello di leggere qualsiasi cosa. Parola di Pennac.

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