MoFir BlogLa bad bank va bene specialmente con fondi europei

Sembra che la valutazione dello stato di salute del sistema bancario italiano sia cambiata in peggio velocemente. Solamente ad ottobre dell’anno scorso il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio ...

Sembra che la valutazione dello stato di salute del sistema bancario italiano sia cambiata in peggio velocemente. Solamente ad ottobre dell’anno scorso il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, scriveva (Le banche italiane nella prospettiva della supervisione unica europea, Roma, 7 ottobre, pag. 7): “Pochi giorni fa il Fondo monetario internazionale ha pubblicato i risultati del suo periodico programma di valutazione del settore finanziario italiano… Il Fondo riconosce come il sistema bancario italiano sia riuscito nel complesso a far fronte alla doppia recessione e alle tensioni sul debito sovrano, accrescendo la solida base di depositi e il patrimonio”. A febbraio di quest’anno, il Governatore affermava (Intervento del Governatore della Banca d’Italia, Assiom Forex, 8 febbraio, pagg. 9-10): “Le tensioni sull’offerta di credito derivano soprattutto dall’accresciuto peso dei prestiti deteriorati nei bilanci delle banche e dal peggioramento delle loro valutazioni del merito di credito dei prenditori…Vanno nella giusta direzione interventi, quali quelli in corso presso alcune banche, volti a razionalizzare la gestione dei crediti deteriorati…Interventi più ambiziosi, da valutare anche nella loro compatibilità con l’ordinamento europeo, non sono da escludere, possono consentire di liberare, a costi contenuti, risorse da utilizzare per il finanziamento dell’economia”. In altre parole, si contempla la possibilità di creare una bad bank (BB) nella quale possano essere convogliati i crediti deteriorati (NPL) del sistema bancario italiano –valutati essere più di €300 miliardi–.

Il principio sottostante la BB è semplice: dividere le “mele marce” dalle “mele buone”, gestirle separatamente, con diverse competenze e motivazioni, e sfruttare i vantaggi della specializzazione. Infatti,  il business del recupero dei crediti è sufficientemente diverso dal business di banca commerciale da giustificare tale specializzazione e ottenere  notevoli benefici per il sistema economico. La difficoltà fondamentale che una BB deve superare è l’asimmetria informativa: l’acquirente del credito in sofferenza non potrà mai essere sicuro di evitare che la banca venditrice gli venda il c.d. limone (George A. Akerlof, The market for “lemons”: quality uncertainty and the market mechanism, Quarterly Journal of Economics, 1970:488-500). Di conseguenza l’acquirente potenziale crede di non poter distinguere NPL con diversi gradi di qualità; va per somme linee nella valutazione e forza grossi sconti di prezzo a causa dell’incertezza che grava sia sulla qualità del NPL sia sulla probabilità del suo recupero.  In particolare, ci sono due aspetti che distorcono verso il basso il prezzo offerto dallo specialista. Il primo concerne il valore della garanzia sottostante il credito in difficoltà. La banca stessa avrà applicato a suo tempo uno scarto prudenziale teso a proteggerla da una rilevante perdita di valore. L’acquirente, forte dell’esperienza della crisi,  vorrà essere più prudente e applicherà un secondo “taglio di capelli”,   riducendo il valore netto della garanzia rispetto ai valori contabili utilizzati dalla banca. Il secondo fattore concerne il  tasso di sconto applicato alla previsione di recupero. Poiché il recupero richiede tempo –in Italia ancor più per le note inefficienze della giustizia—la perdita da mettere in bilancio è il valore presente  della differenza fra credito residuo e previsione di recupero attualizzata. Più alto è il tasso di sconto, più alta la perdita. Mentre la banca usa il tasso di interesse relativo al contratto di prestito, lo specialista applica il costo del suo capitale che è molto più alto del tasso sul prestito. Di conseguenza, la perdita sul credito valutata dallo specialista è più alta di quella valutata dalla banca.

Una possibile soluzione è di creare una  BB di sistema che acquisti grandi portafogli di NPL, le cui valutazioni medie non soffrirebbero delle asimmetrie informative del singolo NPL. In aggiunta, la BB di sistema dovrebbe avere un costo del capitale allineato al tasso di interesse praticato sul credito bancario.  Recenti esperimenti di  BB di sistema sono le svedesi Securum e Retriva del 1992, l’irlandese NAMA del 2009, la legge tedesca sulla Stabilizzazione dei Mercati Finanziari del 2009 e  la spagnola SAREB del 2012. Tutte e quattro i modelli coinvolgono l’intervento pubblico, per lo meno in parte. Secondo le valutazioni della letteratura specializzata, il modello svedese è stato il più efficace nel risolvere la crisi in tempi relativamente brevi e con costi ragionevoli per il finanziatore, in questo caso lo stato (cfr. Clas Bergström, Peter Englund e Per Thorell, Securum and the way out of the Swedish banking system, maggio 2003, http://www.sns.se/sites/default/files/securum_eng.pdf). Bisogna però aggiungere che il compito delle BB svedesi è stato facilitato dal fatto che le due banche, dalle quali acquistavano gli NPL, erano di proprietà dello stato e quindi il problema del “giusto prezzo” non incideva sul possibile trasferimento di risorse dal contribuente al settore bancario privato. Il modello irlandese, un misto di proprietà pubblica e privata, è stato il meno efficace nel risolvere la crisi e il più costoso per il contribuente perchè gli NPL sono stati acquistati a prezzi alti. Il peso dell’operazione ha poi contribuito alla decisione dell’Irlanda di chiedere ed ottenere un salvataggio all’Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale. Il modello tedesco prende spunto da due operazioni storiche di BB, una del dopo guerra e l’altra della riunificazione tedesca del 1990: NPL venivano venduti contro equalisation claims,  titoli di stato a basso rendimento e non commerciabili, che potevano essere riscattati solamente dopo che gli NPL venduti avessero raggiunto il valore dell’obbligazione. Il sistema aveva lo scopo di minimizzare l’impegno potenziale del contribuente ma richiedeva tempi molto lunghi per la ripulitura dei bilanci bancari (cfr. Cordelius Ilgmann e Ulrich van Scutum, Bad banks: the case of Germany, 2009, https://www.wiwi.uni-muenster.de/cawm/forschen/Download/Diskbeitraege/DP_22-Ilgmann-Van-Suntum-Bad-banks.pdf). Il modello spagnolo, anch’esso un misto fra proprietà pubblica e privata, è nato come condizione imposta alla Spagna per ottenere un prestito di €100 miliardi (di cui €41 già erogati) dal Fondo salva Stati europeo.  Come in altri casi, la BB acquista NPL, dichiaratamente a sconto,  contro titoli di Stato. I risultati, fino ad oggi, appaiono positivi per le quattro banche interessate; ne ha giovato anche lo spread fra i rendimenti dei titoli di stato spagnoli e tedeschi che è sceso al di sotto di quello italiano.

In conclusione, se si volesse procedere con una BB italiana, ci sono vari modelli nazionali fra cui scegliere, il più calzante dei quali è quello spagnolo che ha molto giovato dell’aiuto europeo. La domanda dell’oggi è perché sia il governo Monti che il governo Letta abbiano preferito non attivare il Fondo salva Stati. Le giustificazioni paiono essere due:  evitare all’Italia un “commissariamento” europeo e il rischio di una valutazione in sede europea dello stato di salute del sistema bancario italiano. La realtà è che  all’Italia, negli ultimi anni, è stata procurata una cura da cavallo di austerità fiscale –che ha tutte le apparenze di commissariamento de facto se non de iure—  mentre si ha la percezione  che il suo sistema bancario non abbia la salute che si credeva avesse fino a poco tempo fa.

Michele Fratianni e Pier Franco Giorgi

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