E dunque il fatto è questo.
Al Senato, nel corso del passaggio in Aula del “decreto enti locali bis”, son scoppiate scintille non di poco conto. Una all’interno del PD e un’altra tra Presidenza del Senato, Presidenza del gruppo PD e Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Giovedì l’Assemblea era chiamata ad esaminare il provvedimento-copia di quello che il governo aveva infine ritirato, ribattezzato “Salva-Roma”, che aveva spinto Napolitano a vergare una lettera severa a Grasso e Boldrini, per ribadire l’esigenza di approvare modifiche ai testi dei decreti in conversione che non snaturassero il testo, obiettivo da perseguire con il più rigido criterio di ammissibilità degli emendamenti. L’esigenza di omogeneità è stata recentemente ribadita anche dalla Corte Costituzionale, che ha bocciato la cosiddetta “legge Fini- Giovanardi” perché innestata nell’iter parlamentare ad un decreto che riguardava le Olimpiadi di Torino.
A voler essere pignoli, anche la versione revisited del “salva-Roma” non è meno disomogenea: continua ad essere un po’ una marmellata di misure puntuali, che hanno l’obiettivo di aggiustare questa o quella specifica situazione. Il testo della legge di conversione, dopo 43 giorni di stazionamento in commissione bilancio (segno che forse qualche scaramuccia era in atto), arriva in Aula, con 26 emendamenti approvati dalla commissione bilancio, a modificare il testo del decreto. Di questi, il Presidente Grasso ne dichiara 13 improponibili. Cioè a dire, secondo l’art.97 del regolamento del Senato, il presidente decide inappellabilmente se la proposta è estranea all’oggetto della discussione. Non “esistono più”, anche se la commissione bilancio – quella che aveva il compito di valutarli, li ha ritenuti opportuni e approvati.
Fin qui, le premesse.
Gli emendamenti cassati da Grasso contengono misure importanti: il salvataggio di vari comuni, tra cui quello di Venezia, dal dissesto, misure a sostegno dell’economia sarda e dei terremotati dell’Emilia Romagna, una proroga dei finanziamenti necessari a non chiudere le scuole in quattro regioni per estendere a tutto il mese di marzo la garanzia delle pulizie scolastiche.
Questo fa sì che la scelta di seguire pedissequamente le indicazioni del Capo dello Stato dìa adito a una serie di dissensi nemmeno troppo velati. Da ogni gruppo parlamentare giungono proteste: chi per chiedere di rivedere le decisioni prese, chi – come i cinque stelle- per chiedere la stessa inflessibilità anche per i provvedimenti passati e futuri.
Prende la parola Luigi Zanda, Capogruppo del partito democratico: “esaminato il contenuto di ciascun emendamento dichiarato improponibile e il testo del provvedimento, la questione quanto meno può essere discussa: a mio avviso, non appare di così certa definizione in un senso o in un altro. Viceversa, appaiono certe le conseguenze dell’improponibilità di questi emendamenti, gran parte dei quali hanno a che vedere con problemi molto rilevanti delle comunità a cui erano destinate le misure”.
Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Giovanni Legnini, che al momento della discussione rappresenta il governo, già senatore di grandissima perizia, afferma che “È perfettamente chiaro al Governo il carattere di inappellabilità della decisione presidenziale, ma costituisce un principio pacifico – mi permetto – il fatto che qualunque decisione, pur inappellabile, sia riesaminabile e revocabile. Si sono verificati casi rari a mia memoria, ma si sono verificati. Chi ha presieduto il Senato negli anni passati ricorderà certamente che, a fronte di giudizi di improponibilità per materia, in più circostanze la Presidenza del Senato è pervenuta ad un mutamento di decisione. Rarissimi, se non nulli, si sono rivelati i casi in cui il giudizio di improponibilità sia caduto su testi già ammessi e già posti ai voti dal Presidente della Commissione”. E prosegue: “Come tutti sappiamo, siamo però in presenza di un provvedimento che contiene una pluralità di disposizioni(..)Basta riflettere su queste poche parole: «garantire la funzionalità di enti locali». Se c’è un emendamento che garantisce la funzionalità di un ente locale – o che è finalizzato a farlo – esso astrattamente può essere ritenuto ammissibile, salvo non dica cose che non c’entrano proprio nulla con la funzionalità”.
Fin qui, si discute ancora in punta di fioretto.
Sarà il senatore Casson ad alzare il tiro, dichiarando la propria astensione alla votazione: “il motivo è determinato dal fatto che essi, compresi i due di cui sono firmatario sono stati falcidiati dalla decisione del Presidente del Senato.
Mi permetto garbatamente di segnalare che, a mio modesto avviso, la dichiarazione del Presidente del Senato è sbagliata in fatto e in diritto.(…) Ritengo che la decisione abbia costituito – per così dir un’offesa al lavoro dei commissari. (…) Tanto più che ricordo come proprio di recente, nella giornata di ieri, abbiamo esaminato e votato in quest’Aula un decreto-legge, lo «svuota carceri», all’interno del quale c’erano certamente emendamenti improponibili. Ne abbiamo votati alcune centinaia, forse 400 o 500, e in quel caso nessuno si è peritato di rilevare che vi erano anche emendamenti improponibili.”
Le parole del Presidente Grasso.
Di fronte alle molte proteste il Presidente del Senato, Pietro Grasso, è intervenuto per tirare le fila della discussione, spiegando il senso della sua decisione: “(…)Certamente, la pronuncia favorevole della Commissione (..) può essere il segnale di un ampio consenso parlamentare sui testi, ma non certamente il presupposto per la mancata applicazione (..) dei criteri di valutazione dell’attinenza alla materia trattata dal decreto. (..)Tra gli emendamenti approvati dalla Commissione, sette riproducono testi di emendamenti già accolti dal Senato nel corso dell’esame del precedente provvedimento, tre riproducono disposizioni originariamente contenute nel testo del decreto-legge decaduto: tutte norme che evidentemente il Governo sotto la sua responsabilità non ha ritenuto sufficientemente urgenti da introdurre nel testo del successivo decreto, cioè quello oggi in esame.(..) Desidero infine precisare che la decisione della Presidenza ha un significato strettamente procedurale (…). La Presidenza ha ben presente che talune delle misure proposte potrebbero portare sollievo – un sollievo molto grande – a diverse situazioni di sofferenza, che si riscontrano nei territori italiani. Sono profondamente dispiaciuto di non poter dare risposta immediata a cittadini che ne avrebbero bisogno(…).
Io sono veramente dispiaciuto. Nella mia vita ho dovuto spesso assumere decisioni impopolari. Questa è una di quelle. Sono veramente dispiaciuto, ma non posso fare assolutamente nessuna particolare valutazione, per un provvedimento piuttosto che per un altro, una volta adottato un criterio che è quello stretto, rigoroso e severo che mi è stato richiesto”.
La necessaria frattura (sperando che centri l’obiettivo di evitare il riproporsi di decreti-“blob”, emendanti rispondenti al famigerato criterio dell’ assalto alla diligenza) si ricompone, con le parole del presidente Zanda, che nel dichiarare il voto favorevole del partito democratico, afferma che “i senatori del Partito Democratico voteranno a favore di questo provvedimento e lo faranno essenzialmente per due motivi. Il primo è che sono comunque rimaste nel provvedimento che voteremo norme importanti, che debbono essere approvate e diventare legge. Il secondo motivo è perché è un provvedimento del Governo che noi sosteniamo. Manteniamo molte riserve sulla versione finale del provvedimento che voteremo, a ragione degli articoli che sono venuti meno per la dichiarata improponibilità. Noi cercheremo di rimediare – prosegue Zanda. Domani mattina il Gruppo del Partito Democratico presenterà un disegno di legge nel quale saranno contenute tutte le norme che sono state stralciate, naturalmente partendo dalle norme che riguardano i Comuni in dissesto (…) certi che la prossima settimana esso possa essere approvato dal Senato; certi che possa essere immediatamente trasmesso alla Camera e diventare legge”.
Tutto è bene quel che finisce bene.
Resta sul tappeto una domanda. Perchè il vizio di disomogeneità non dovrebbe valere anche per il testo che accoglierà le proposte orfane?