È con un raid che il governo tunisino inizia un nuovo mandato. Ieri un quartiere costiero in periferia di Tunisi (paragonabile a Ostia) è stato blindato dal primo pomeriggio per l’operazione Raoued, ultimo capitolo di un lungo inseguimento. Un gruppo di Ansar Al-Sharia è stato finalmente accerchiato ed eliminato dalle forze speciali non lontano da una zona turistica ormai quasi fantasma. Il governo canta subito vittoria e pubblica stamattina i nomi dei 7 terroristi uccisi fra cui Gadgadi, presunto assassino dei politici Belaid e Brahmi.
La vedova e attivista Asma Belaid accusa il governo di voler chiudere il caso troppo in fretta. Domani era prevista una manifestazione chiave per l’opposizione, e l’esecuzione dei colpevoli non era certo il riscatto auspicato dal partito di Belaid.
Unanime sulla rassicurante neocostituzione, la stampa internazionale si congratula del metodo tunisino preso come modello contro l’Egitto gustizialista di Al-Sisi. L’incarcerazione dei giornalisti di Al-Jazeera su sfondo d’incriminazione della Fratellanza indigna il fronte democratico internazionale che da una parte si solleva contro la dittatura laica di Al-Sisi e Assad e dall’altra approva l’epilogo sommario non proprio democratico di Raoued.
Il blitz tunisino piace perché è l’islamismo politico che abbatte l’islamismo terroristico. È il massimo che si possa avere per l’interminabile transizione araba: niente ingerenza occidentale, niente colpi di Stato, niente processi epurazionisti. In compenso abbiamo i raid risolutivi: azzerare per rinnovare. Notevole esempio di civiltà.
Ovviamente sui social l’orgoglio ufficiale per l’operazione non ha incontrato che l’ironia dei Tunisini che stona nettamente con l’applauso mediatico internazionale.
Ma ci chiediamo quale promettente soluzione ha suscitato questo consenso. Forse la politica dei nuovi paradossi liberali? L’avvicinamento per ora solo economico di culture che continuano a cozzare malgrado il miraggio della mondializzazione?
Sotto l’egida di questo connubio con il mondo islamico, fioriscono nuove lobby multiculturali (e multireligiose) che abbracciano nuovi conformismi e nuovi tabù. Quelli che spingono l’iraniano Omidyar ad assumere Carvin, la star dell’informazione in tempo reale ai tempi della primavera araba ma che da allora ha smesso di ritwittare pareri cittadini e plurali per promuovere oggi solo pensieri omologati. Attendiamo gli sviluppi.