(Es)cogito, ergo sumLo ‘Yo decido’ delle donne spagnole per difendere il diritto all’aborto

Chissà se stavolta basterà uno slogan, tornare a gridare nelle piazze “l’utero è mio e lo gestisco io” per ribadire il diritto- negato per secoli alle donne- di scegliere cosa fare del proprio cor...

Chissà se stavolta basterà uno slogan, tornare a gridare nelle piazze “l’utero è mio e lo gestisco io” per ribadire il diritto- negato per secoli alle donne- di scegliere cosa fare del proprio corpo. L’irriverenza provocatoria e sfacciata delle lotte femmiste sembra archeologia, ma quello che sta accadendo nella vicina Spagna è un salto indietro di mille anni in un oscurantismo bieco e irrazionale che le donne credevano appartenere ormai al passato.

La legge contro l’aborto prevista dal governo conservatore di Mariano Rajoy è una concreta minaccia al sacrosanto diritto all’aborto che le donne del passato, con coraggio e sacrificio, hanno faticosamente conquistato.

Il progetto di legge promosso dal ministro della Giustizia spagnolo, Alberto Ruiz-Gallaradòn, è stato soprannominato “Legge di protezione dei diritti del concepito e della donna incinta” e rischia di diventare una concreta realtà in una Paese come la Spagna in cui, in un solo anno, si sono registrate ufficialmente quasi centoventimila interruzioni di gravidanza. 

La proposta di legge prevede che l’aborto sia concesso soltanto in caso di stupro (previa denuncia da parte della vittima) o di conclamato pericolo per la salute- fisica o psichica- della madre. In tutti gli altri casi, abortire sarà considerato un reato, anche nel caso in cui fosse appurata la malformazione del feto.

Il governo spagnolo giustifica la proposta di legge sostenendo che sia stata studiata per tutelare la donna, raccogliendo ovviamente il plauso delle associazioni per il diritto alla vita. L’opposizione e le associazioni femministe, invece, promettono battaglia e hanno organizzato per oggi, 1 febbraio, una giornata di mobilitazione europea, denominata Porque Yo decido,  per ribadire- ancora una volta- che la libertà della donna di scegliere se dare o meno la vita è un diritto inalienabile. Le donne di moltissime città europee si sono date appuntamento davanti ai consolati spagnoli per manifestare, accanto fianco alle donne spagnole, affinché la legge liberticida non venga approvata. Se entrasse in vigore avverrebbe infatti che le donne che ne avessero la possibilità andrebbero comunque ad abortire all’estero, mentre tutte le altre opterebbero per la strada dell’aborto clandestino, mettendo seriamente a rischio la propria vita.

Quanto accade in Spagna insegna che  la libertà di scelta, per le donne, non è mai una conquista definitiva ma una liturgia infinita che va celebrata ogni giorno. Basti pensare che anche in Italia, nonostante la legge 194, per le donne diventa sempre più difficile trovare medici che non siano obiettori di coscienza. Spesso, soprattutto al Sud (dove i medici obiettori sono in costante aumento), le donne che decidono di abortire sono costrette a emigrare per poter procedere all’interruzione di gravidanza, sostenendo notevoli costi economici e stress fisici ed emotivi.

Ovunque la parola aborto è una parola scomoda che, come un palinsesto primitivo, racconta delle donne di ogni Paese molto più di quello che si vorrebbe sapere. 

Spesso, è un sostantivo che parla di miseria, di inadeguatezza, di amore negato, di infelicità; sempre, descrive un atto di libertà e autodeterminazione che non dovrebbe mai essere negate. Un Paese non potrà mai definirsi libero se nega ai suoi cittadini il diritto ad avere diritti- che è una bellissima espressione di Hanna Arendt- che così definiva il diritto di ogni essere umano di appartenere all’umanità. 

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