#TesoroParliamone: sabato prossimo ritornerò a Torino, dopo tanti anni, ma non per ricerca: per affrontare un fuoco di fila di domande, su finanza e banche, da una platea di studenti e cultori. Sento già l’adrenalina. Per chi fa un lavoro come il mio da tanti anni, il rappresentante di idee, presentare è routine, e l’unica adrenalina è nelle domande. E se non ti fanno domande, NON è un sospiro di sollievo, è un fallimento. E’ come quando usi tutte le parole del mondo per conquistare un partner, e lei non ti riempie né di schiaffi, né di baci: semplicemente non ti dice nulla, o, peggio, si limita ad applaudire. Per questo, andare in un posto dove ti fanno solo domande, è veramente il massimo. E se le domande fossero a tradimento, sarebbe libidine pura.
E allora io apro il fuoco delle risposte ancora prima che mi vengano poste le domande. Consideratele pure “risposte a tradimento”. E le risposte sono legate alla nascita del governo Renzi. La cronaca della nascita del governo a un osservatore grossolano come il sottoscritto solleva due domande evidenti. La prima è una domanda per esperti di politica: se confermi i tre dicasteri chiave del vecchio Nuovo Centro Destra (Alfano, Lupi e Lorenzin) non riconosci implicitamente che hanno fatto bene, e che il problema del governo vecchio erano Letta e quelli del PD? E che sfiga che sia scoppiato il caso De Girolamo poco prima della fine di Letta, magari riconfermando anche lei il messaggio sarebbe stato più chiaro! Ora, se uno di voi fosse un lettiano diletto, o un bersaniano bersagliato, non vi appostereste imbracciando la carabina del franco tiratore? E, soprattutto, possibile che Renzi non l’abbia notato? E forse conosce l’antidoto? Si è creato un’imboscata perché ha una controfigura? O è solo il primo sintomo di debolezza del suo governo? Domanda per giornalisti, polititologi e dietrologi, esperti e dilettanti di teoria dei giochi.
La seconda domanda invece è per noi: è economica, e riguarda il cambio del comando della fortezza dell’economia. E, legata a questa, l’accusa di Grillo a Renzi in “screaming streaming”: tu rappresenti le banche e i poteri forti. Ed è la battuta che Grillo ha preso dal Bersani delle primarie prima maniera. E’ un’accusa corretta? E anche il governo Letta, e gli altri governi precedenti erano governi delle banche? E cosa bisognerebbe fare per impedire ulteriori “governi delle banche e della finanza”? La risposta è semplice. Se voi, e anche chi di voi non sa niente di banche, volesse intercettare, e battere, le loro attività di lobbying, dove le andreste a cercare? Al ministero della cultura, o a quello dell’agricoltura? No, molto probabilmente le dovreste cercare al ministero dell’economia. E nel ministero dell’economia ne troverete molti, di emissari delle banche, intenti a chiedere una norma, presentare un prodotto, suggerire una soluzione.
Quindi i governi italiani sono stati governi delle banche? Probabilmente sì, ma in larga misura a loro insaputa. L’ultimo è stato il governo Letta, sul quale posso raccontare un aneddoto personale e pubblico allo stesso tempo. Riguarda l’articolo 16 della legge di stabilità, che cambia la normativa sull’utilizzo dei derivati. Abbiamo espresso in un pezzo qui su Linkiesta il nostro gradimento per il fatto che la normativa limitava l’utilizzo dei derivati all’acquisto da parte dell’ente di un’assicurazione contro il rialzo dei tassi. Ci siamo invece infuriati per il fatto che tutti i numerosi emendamenti che richiedevano la comunicazione del costo e dell’efficacia (della convenienza economica) del derivato, erano stati respinti in commissione al Senato su proposta del governo. Fin qui quello che abbiamo documentato su Linkiesta. Ecco il seguito. Una persona in contatto con il primo ministro e con un vice-ministro dell’economia mi fece sapere che gli avevano detto di non sapere niente della materia, e che sarebbe stato sufficiente che io scrivessi una nota e tutto sarebbe andato a posto alla Camera. Io scrissi la nota sui rischi di quell’articolo, la spedii e ricevetti conferma che era stata inoltrata. Ma alla Camera non fu nemmeno presa in considerazione. Le banche avrebbero potuto, e potranno, continuare a vendere derivati agli enti senza nessun obbligo di trasparenza sui costi e sull’efficacia del prodotto. Ora, secondo voi, a chi giova questa normativa? E chi l’ha suggerita? Non ci vuole Maigret per risalire da questa evidenza all’attività di lobbying delle banche.
Prendete ora questo governo Renzi. Sarà un governo delle banche? Padoan è macroeconomista e di sinistra. A quanto si dice, ritiene che la strada maestra sia la riduzione sul cuneo fiscale, cosa che è ormai chiara a chiunque, di destra, di sinistra, di sopra e di sotto. Per il resto pare che il ragionamento sia quello di Fassina. Riqualificazione, e non riduzione, della spesa, e quindi sostituzione dell’imposta del cuneo fiscale con qualche altra imposta, oltre che ovviamente l’araba fenice del recupero dell’evasione fiscale. E tutto riportato in equilibrio con la crescita, come la velocità che fa decollare un aeroplano. Ma un aeroplano ha anche bisogno di benzina, e di finanza. Come è chiaro a tutti che la crescita passa dal taglio del cuneo fiscale, è anche chiaro che richiede la riapertura delle linee di credito. Oggi, la ripresa economica passa per le banche. Ma cosa ne sa Padoan delle banche? Come potrà opporsi se ad esempio le banche richiederanno l’intervento pubblico per la costruzione di una bad bank? E’ in grado di valutare il trade-off tra la spesa e le distorsioni di un eventuale intervento pubblico nella bad bank e la riduzione della garanzia implicita sul sistema bancario che pesa sul debito pubblico? Se no, potrebbe sempre chiederlo alla schiera di emissari di banche che ogni giorno varcano i portoni dell’ingresso di via XX settembre…