Paradossalmente, la vicenda del rapporto del Comitato Onu per i diritti del fanciullo che nei giorni scorsi ha accusato il Vaticano di non rispettare numerosi aspetti della Convenzione delle Nazioni unite sull’infanzia dovrebbe preoccupare più i laici che i cattolici.
Una cosa, infatti, è chiara: la lotta al crimine della pedofilia con il rapporto del Comitato Onu c’entra come i cavoli a merenda. Cioè, niente.
Con il pretesto della pedofilia, infatti, i burocrati del Palazzo di Vetro hanno intimato alla Chiesa, senza andar troppo per il sottile, non solo di modificare la propria dottrina antropologica su famiglia, matrimonio, aborto, omosessualità, ma di smettere di insegnarla anche nelle scuole cattoliche e di cancellarla persino dal diritto canonico. Come spiegare, infatti, la richiesta avanzata dal Comitato al Vaticano di farla finita di «enfatizzare la promozione della complementarità e dell’eguaglianza nella dignità, due concetti (la differenza sessuale, ndr ) che non corrispondono all’eguaglianza di fatto e di diritto prescritta dall’articolo 2 della Convenzione e spesso sono utilizzati per giustificare politiche e leggi discriminatorie»? Quando si «invita la Santa Sede ad adottare un approccio basato sui diritti per affrontare la discriminazione tra ragazze e ragazzi e ad astenersi dal ricorrere a una terminologia che possa minacciare l’eguaglianza tra ragazze e ragazzi»? Quando le chiede di «assumere misure attive per rimuovere dai libri di testo delle scuole cattoliche tutti gli stereotipi di genere che potrebbero limitare lo sviluppo dei talenti e delle attitudini dei ragazzi e delle ragazze e minare le loro opportunità educative e di vita»? Quando viene intimato «con urgenza alla Santa Sede di rivedere la sua posizione sull’aborto e di modificare il canone 1398 del Codice di diritto canonico relativo all’aborto, allo scopo di precisare le circostanze in cui l’aborto è permesso»? Quando afferma che «la Santa Sede dovrebbe assicurarsi che l’educazione sessuale e alla salute riproduttiva e la prevenzione dell’Hiv/Aids sia parte del curriculum obbligatorio delle scuole cattoliche»? Poi, il Comitato condanna la pratica «dell’abbandono anonimo dei neonati organizzato da realtà cattoliche in diversi paesi attraverso le cosiddette baby boxes» e invita «con forza la Santa Sede a cooperare per determinare la cause della pratica dell’abbandono anonimo dei neonati e per promuovere le alternative».
Di fronte a questo rapporto, fossi un laico che ha a cuore la libertà e la tutela del diritto di ognuno dire la sua mi preoccuperei molto. Perché il documento dell’Onu non è una critica a ciò che la Chiesa insegna e dice da duemila anni su cui del tutto legittimamente si può essere o meno d’accordo ma è un invito, neanche troppo garbato, a tacere, un divieto a proclamare il proprio insegnamento anche nelle scuole cattoliche e nel dibattito pubblico.
Il laicismo, versione degenerata e ideologica della laicità, ha fatto un altro pericoloso passo avanti: se fino a ieri si diceva alla Chiesa che cosa dovesse dire o fare per essere cristiana, oggi siamo oltre: le si nega anche il diritto di dire la sua.
La laicità, quando afferma il principio di neutralità dello Stato e delle istituzioni, è cosa buona e giusta, ma quando, come in questo caso, la presunta neutralità si traduce in un’opposizione radicale e violenta al fenomeno religioso in quanto tale e in un attacco alla libertà religiosa, cioè alla libertà tout court , si chiama totalitarismo. Nessuno è obbligato ad essere cristiano o a seguire gli insegnamenti della Chiesa ma nessuno deve essere obbligato a pensare secondo la nuova “religione” laicista come se fosse l’unica vera e vincolante per tutti.