LOMBARDIA NEXT STATE IN EUROPEQuelle lezioni referendarie che la politica lombarda dovrebbe imparare.

Da Lugano a Bozen, dalla sconosciuta Gagauzia fino al Quebec, questo mese ha dato delle lezioni tra loro molto diverse per quel che riguarda lo strumento referendario; la politica lombarda rimane ...

Da Lugano a Bozen, dalla sconosciuta Gagauzia fino al Quebec, questo mese ha dato delle lezioni tra loro molto diverse per quel che riguarda lo strumento referendario; la politica lombarda rimane chiaramente sorda ed insensibile, accontentandosi di produrre “sparate” buone solo per le prossime elezioni europee (zona franca, uscita dall’€).

Confederazione Elvetica L’ormai famoso referendum sulla limitazione agli ingressi per la manodopera extra – svizzera è ormai di dominio pubblico e poco serve aggiungere altro, come per gli altri quesiti proposti. Nonostante interessi decine di migliaia di lombardi che lavorano nella Confederazione, non possiamo che prendere atto della volontà, seppur risicata, della maggior parte dei votanti all’iniziativa referendaria. E’ forse venuto il momento per i lombardi che lavorano nella terra della democrazia diretta di recepire proprio quel “vento elvetico” e cercare di rendere la Lombardia una Confederazione simile a quella rossocrociata? O continueranno ad avallare questa innaturale differenza tra Lugano e Varese, tra Lecco e Locarno, riconoscendo come proprio lo Stato italiano e tutto ciò che ne consegue?

SüdTirol Il referendum confermativo sulla legge per la partecipazione popolare promossa solo dal partito SVP è stata rigettata dalla maggioranza dei votanti. Infatti ben il 65,1% dei votanti si è espresso con un “no” alla proposta del partito autonomista di rendere più complicate le modalità di esecuzione della democrazia diretta in SüdTirol.

Gagauzia (attualmente Moldavia): Il caso gagauzo è quello meno conosciuto, ma è molto interessante e potenzialmente esplosivo. Si tratta di una regione amministrativa moldava a statuto speciale nella quale si è esercitata nei giorni scorsi da una doppia consultazione referendaria: il primo quesito chiedeva alla popolazione se fosse più incline ad accettare l’adesione della propria regione all’Unione Europea o alla Comunità Euroasiatica a guida russa (soluzione risultata vincente a maggioranza praticamente plebiscitaria); il secondo chiedeva schiettamente alla popolazione gagauza se fosse favorevole alla secessione dalla Moldavia o meno. L’opzione risultata vincente, anche in questo caso, è stato il “sì” con il 98,9% dei voti e il lato più interessante è che la Moldavia riconosce, nella propria carta costituzionale, la possibilità di esercitare la propria autodeterminazione alla Gagauzia, nel caso in cui la Moldavia stessa si ritrovasse a perdere la propria sovranità statale. In questi giorni si sta discutendo di una “fusione” tra la Romania e la Moldavia (percorso finale di iniziative politiche cominciate anni fa con la possibilità per i cittadini moldavi di ottenere il passaporto rumeno mediante una semplice autocertificazione), caso che potrebbe venir interpretato proprio come “perdita di sovranità” dello Stato moldavo. Il partito attualmente al potere in Gagauzia, comunista e apertamente filorusso, ha quindi giocato la carta del referendum per mostrare al mondo la volontà precisa della propria cittadinanza: rifiuto dell’adesione all’Unione Europea e volontà di autodeterminazione. Lungi da noi commentare tale scelta, l’importante è che il popolo gagauzo si sia potuto esprimere in libertà e abbia fatto una precisa scelta; come reagirà ora l’Unione Europea? Avallerà le scontate ritrosie moldave (che, ricordiamo, sono incostituzionali) o certificherà il volere del popolo gagauzo, anche se ciò sarà contro i propri stessi interessi? Dopo il caso scozzese e catalano, ecco quindi una nuova prova per Bruxelles.

Nel lontano Quèbec, paese francofono attualmente nello Stato canadese, già interessato da due precedenti votazioni per la propria autodeterminazione (persi dai promotori per pochi voti), si è parlato nuovamente di votazione, ma il premier Pauline Marois esponente del partito Parti Quebecois, ha specificato che è purtroppo “troppo presto” per tornare alle urne. Per essere stavolta sicura di una vittoria convincente, Marois propone una “road map” per arrivare al referendum, pubblicando un “libro bianco sul Quebec” (ispirato a quello lanciato mesi fa da Alex Salmond, premier scozzese) in modo tale da convincere i cittadini ancora dubbiosi a lasciare il Canada per diventare uno Stato indipendente. Cosa possiamo imparare noi lombardi da ciò? Sicuramente che per arrivare ad un momento cruciale com’è il referendum per la propria autodeterminazione è necessario avere come leadership nella nostra attuale istituzione (la Regione) persone dichiaratamente indipendentiste, che non abbiano paura a definirsi tali e che nel mentre sappiano muoversi con calma e fermezza verso un unico obiettivo. Che non si barcamenino quindi tra macroregioni e zone franche varie.

Giovanni Roversi
presidente proLombardia indipendenza

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