Le considerazioni della Direzione Nazionale Antimafia (ora sotto la guida del procuratore Franco Roberti) sulla Direzione Distrettuale Antimafia del Tribunale di Milano si trovano in coda alla relazione annuale 2013 e il consigliere Filippo Spiezia usa bastone e carota per Ilda Boccassini e i dieci uomini dell’antimafia milanese. Da un lato infatti Spiezia riconosce il lavoro che in questi anni è stato fatto dalla procura, che è stata poi in grado di portare a casa risultati importanti in sede di giudizio, anche a fronte di processi complessi.
Il consigliere Filippo Spiezia usa bastone e carota per Ilda Boccassini e i dieci uomini dell’antimafia milanese
Scrive Spiezia, «il dato quantitativo che si espone va integrato con l’analisi qualitativa dei singoli procedimenti trattati dalla D.D.A. di Milano, risultati spesso di elevata complessità, per numero di indagati e difficoltà di acquisizione probatoria, con esiti quasi sempre favorevoli per la pubblica accusa. Nel periodo preso in esame si segnala un lieve aumento del numero di procedimenti iscritti a carico di indagati noti per reati di criminalità organizzata. In coerenza con esso, si registra un aumento del numero di indagati e delle notizie di reato emerse ed iscritte. La crescita quantitativa, anche se non di particolare entità, inverte la tendenza registrata nell’anno precedente, i cui dati, trovavano una loro comprensione alla luce dell’accresciuto impegno di tipo dibattimentale profuso, portato a definitivo compimento e nel periodo in esame con la conclusione di una serie di processi, delicati e complessi».
Dunque una promozione a pieni voti secondo la Direzione Nazionale Antimafia, che della DDA di Milano elogia anche l’organizzazione degli uffici e la capacità di adottare misure preventive efficaci.
Tuttavia la Direzione Nazionale Antimafia dedica un appunto alla sezione diretta da Ilda “la rossa”, in particolare al coordinamento investigativo che la DDA di Milano intrattiene con la Direzione Nazionale Antimafia: «I temi del collegamento investigativo e del coordinamento di indagini evidenziano perduranti criticità nei rapporti con la D.D.A. di Milano» attacca Spiezia «che incidono sull’esercizio delle funzioni di questa D.N.A., non sempre messa nelle condizioni di operare secondo il modello d’azione che si evince dall’art. 371 bis c.p.p. e dalle altre norme in materia. Se infatti la D.D.A. di Milano procede a forme di collaborazione ed allo scambio di informazioni e atti con altre Procure distrettuali, non altrettanto può dirsi con riguardo al flusso informativo verso la D.N.A. E’ utile al riguardo ricordare che in base ad una condivisa ricostruzione degli aspetti funzionali della D.N.A., il Procuratore nazionale antimafia è investito di due nuclei di funzioni: funzioni di impulso al coordinamento e funzioni di impulso alle investigazioni. Orbene, nonostante le citate disposizioni e le successive indicazioni contenute nelle circolari e risoluzioni adottate dal CSM, l’ Ufficio distrettuale milanese non ha garantito sinora un adeguato flusso informativo in favore della D.N.A. In primo luogo non è assicurato il tempestivo inserimento degli atti nella banca dati nazionale. Nel periodo di riferimento risulta disposto l’inserimento solo di 4 atti rispetto ai 100 nuovi procedimenti».
Non è assicurato il tempestivo inserimento degli atti nella banca dati nazionale. Nel periodo di riferimento risulta disposto l’inserimento solo di 4 atti rispetto ai 100 nuovi procedimenti
Insomma, la Direzione Distrettuale Antimafia, secondo Spiezia, collabora e condivide informazioni con le altre procure, mentre lo fa molto meno con la Direzione Nazionale Antimafia. «Gli atti che la D.D.A. inserisce in Banca Dati Nazionale attengono, nella gran parte dei casi, a procedimenti definiti» prosegue la relazione. «Se ciò costituisce utile fonte di conoscenza soprattutto nella prospettiva delle ricostruzioni storiche e dell’analisi dei fenomeni criminali, lo è certamente meno ai fini del coordinamento investigativo. L’attivazione di un idoneo flusso informativo neppure è stata reso possibile attraverso i contatti avuto nel corso delle attività di collegamento investigativo, per la preclusione posta a conoscere specificamente gli atti relativi ad indagini in corso e, tanto meno, le richieste cautelari avanzate, essendo state quest’ultime rese conoscibili solo dopo l’esecuzione delle misure ove adottate. In tal modo la Direzione Nazionale Antimafia, è posta nell’impossibilità di cogliere tempestivamente ed in modo sostanziale i nessi ed i collegamenti investigativi tra le altre indagini in corso sul territorio nazionale presentanti profili di collegamento con quelle condotte dalla D.D.A. di Milano. Ove ciò è accaduto, è stato frutto di evenienze episodiche ed occasionali. Analoghe problematiche riguardano lo scambio informativo all’interno dello stesso ufficio interessato, perchè le notizie relative alle indagini dei singoli procedimenti non risultano essere patrimonio comune di tutti i magistrati componenti la D.D.A.».
Un affare non da poco insomma, quello che emerge dopo oltre 900 pagine nella relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia, che configura una situazione di riserbo e, volendo pensar male, perfino di diffidenza nei confronti di altri uffici inquirenti e della stessa Direzione Nazionale Antimafia.