Gorky ParkUcraina, chi minaccia il compromesso

Via TMNews Le trattative per la formazione di un nuovo governo continuano a Kiev tra gli esponenti della protesta di Maidan, il parlamento e soprattutto dietro le quinte, ossia al tavolo degli olig...

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Le trattative per la formazione di un nuovo governo continuano a Kiev tra gli esponenti della protesta di Maidan, il parlamento e soprattutto dietro le quinte, ossia al tavolo degli oligarchi. Ma la situazione è incandescente e rischia di diventarlo sempre di più. Se da un lato regime e opposizione moderata si stanno adoperando nel tentativo di un compromesso che potrebbe essere battezzato già la prossima settimana con la nomina di un nuovo premier e il varo di un governo di transizione, dall’altro c’è chi non smette di soffiare sul fuoco. E non mancano i punti interrogativi su come la piazza, e le frange più estremiste, potrebbero reagire di fronte a un’intesa gestita dai poteri forti e non pienamente soddisfacente per i manifestanti che occupano il cuore di Kiev da quasi dodici settimane.

È l’ala della destra radicale, quella più intransigente e meno incline agli “inciuci”, che promette battaglia. Non si tratta solo di Svoboda e del leader Oleg Tiahnybok: nonostante il curriculum poco presentabile è diventato comunque parte integrante dell’opposizione che in questi giorni ha incassato il sostegno dei mediatori statunitensi ed europei. Si tratta piuttosto delle schegge nazionaliste estreme che in queste settimane hanno organizzato la guerriglia con le forze dell’ordine dalle barricate di via Grushshevski.

Pravyi Sektor (Settore di destra) – che riunisce diversi gruppi come Tryzub (Tridente), Bilyi Molot (Martello bianco) o i Patrioti ucraini – ha già annunciato di non essere certo spaventato di fronte a una possibile guerra civile. Il leader Dmytri Yarosh ha dichiarato che gli obbiettivi di Pravi Sektor sono immutati e vanno dalle dimissioni immediate del presidente Viktor Yanukovich alla messa al bando del Partito delle regioni e di quello comunista. Precisando che il gruppo non si sente obbligato a rispettare la tregua. I tre leader dell’opposizione, Vitali Klitschko, Arseni Yatseniuk, ma in fondo anche lo stesso Tiahnybok, rischiano insomma di trovarsi di fronte a un grosso problema: se la Maidan, la Piazza diventata simbolo della protesta, risponde in larghissima parte ai loro appelli, proprio perché costituita da manifestanti pacifici, la nicchia ultrazionalista è ormai fuori controllo e ci vorrà una dura opera di convincimento per fare scendere Pravyi Sektor e compagnia dalle barricate.

Soprattutto finché dall’altra parte ci saranno movimenti antitetici a rispondere per le rime. A livello politico, il contraltare di Svoboda è costituito dal Partito comunista, che in queste settimane ha contribuito all’escalation, pur non schierandosi direttamente a fianco di Yanukovich, proponendo un’uscita dalla crisi perenne in cui si trova il Paese con una modifica radicale della Costituzione e l’introduzione di un sistema federale. In sostanza la divisione in due dell’Ucraina. Una provocazione per i nazionalisti e la sacralità dello stato unitario, ma solo un piccolo pezzo nel puzzle del confronto tra le ali estreme. Un ruolo maggiore e più pericoloso infatti, alla pari di quello delle brigate violente della destra oltranzista, è giocato da quelli che sono definiti con un neologismo tutto ucraino “titushki” (dal nome di Vadim Titushko, un giovane condannato per aver malmenato un giornalista durante una manifestazione antigovernativa lo scorso anno). Sponsorizzati dall’esterno e proprio per questo più controllati e controllabili, i titushki non sono un gruppo autonomo, associato a un partito o a una fazione politica. Ma agiscono come provocatori per conto terzi, scatenando scontri e propagando violenza. Il rischio che la Maidan, e i suoi più immediati dintorni, a partire dal Parco Marinski, quartier generale dei dimostranti pro Yanukovich, si trasformi ancor di più in una polveriera non è solo in fondo un’ipotesi di scuola, soprattutto se la situazione politica dovesse improvvisamente degenerare.

Il presidente ha escluso un ricorso all’uso della forza per lo sgombero del centro della capitale, ma le squadre speciali sono sempre pronte a intervenire. Per domenica prossima è annunciata a Piazza dell’Indipendenza l’ennesima adunata durante la quale la troika dell’opposizione illustrerà al popolo rivoluzionario le prossime mosse. I tre leader dell’opposizione, Vitali Klitschko, Arseni Yatseniuk, ma in fondo anche lo stesso Tiahnybok, rischiano insomma di trovarsi di fronte a un grosso problema: se la Maidan, la Piazza diventata simbolo della protesta, risponde in larghissima parte ai loro appelli, proprio perché costituita da manifestanti pacifici, la nicchia ultrazionalista è ormai fuori controllo e ci vorrà una dura opera di convincimento per fare scendere Pravyi Sektor e compagnia dalle barricate. Soprattutto finché dall’altra parte ci saranno movimenti antitetici a rispondere per le rime. A livello politico, il contraltare di Svoboda è costituito dal Partito comunista, che in queste settimane ha contribuito all’escalation, pur non schierandosi direttamente a fianco di Yanukovich, proponendo un’uscita dalla crisi perenne in cui si trova il Paese con una modifica radicale della Costituzione e l’introduzione di un sistema federale. In sostanza la divisione in due dell’Ucraina.

Una provocazione per i nazionalisti e la sacralità dello stato unitario, ma solo un piccolo pezzo nel puzzle del confronto tra le ali estreme. Un ruolo maggiore e più pericoloso infatti, alla pari di quello delle brigate violente della destra oltranzista, è giocato da quelli che sono definiti con un neologismo tutto ucraino “titushki” (dal nome di Vadim Titushko, un giovane condannato per aver malmenato un giornalista durante una manifestazione antigovernativa lo scorso anno). Sponsorizzati dall’esterno e proprio per questo più controllati e controllabili, i titushki non sono un gruppo autonomo, associato a un partito o a una fazione politica. Ma agiscono come provocatori per conto terzi, scatenando scontri e propagando violenza. Il rischio che la Maidan, e i suoi più immediati dintorni, a partire dal Parco Marinski, quartier generale dei dimostranti pro Yanukovich, si trasformi ancor di più in una polveriera non è solo in fondo un’ipotesi di scuola, soprattutto se la situazione politica dovesse improvvisamente degenerare. Il presidente ha escluso un ricorso all’uso della forza per lo sgombero del centro della capitale, ma le squadre speciali sono sempre pronte a intervenire. Per domenica prossima è annunciata a Piazza dell’Indipendenza l’ennesima adunata durante la quale la troika dell’opposizione illustrerà al popolo rivoluzionario le prossime mosse.

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