KodeuropaUn piccolo punto su Renzi e l’Europa

E alla fine ce l'ha fatta. Con la responsabilità per la nascita del sessantatreesimo governo della Repubblica italiana in grembo, il Segretario del maggiore partito della sinistra italiana dovrà st...

E alla fine ce l’ha fatta. Con la responsabilità per la nascita del sessantatreesimo governo della Repubblica italiana in grembo, il Segretario del maggiore partito della sinistra italiana dovrà stilare nei prossimi giorni una lista di ministri da presentare poi alle Camere per ottenere la fiducia.

C’è un programma? No, non ancora. O meglio: arriverà. Ci sono molti nomi, per il momento. Nomi di ministri e di consulenti (Baricco anyone?). E’ giusto però ribadire, nel caso non si fosse capito, che un Governo con esplicitate (più che esplicite) velleità di legislatura non può prescindere dal discutere di Europa. Non può prescindere nemmeno dall’avere come stella polare una certa idea di Europa. 

Avete mai notato come nel dibattito pubblico si parli sempre di quello che l’Europa non dovrebbe dirci, non dovrebbe farci, non dovrebbe suggerirci? Basta. Chabod come leggerebbe la situazione attuale? Scrivendo un libro sulla non-idea di Europa, probabilmente.

Perciò si tengano presenti due eventi catalizzatori di forti aspettative per l’Italia: le Europee e il Semestre di Presidenza del Consiglio dell’Unione europea. Un successo in politica estera non è smettere di farsi ridere alle spalle nei summit internazionali. Non è battere un pugno sul tavolo. Nemmeno batterne due. E’ lanciare il guanto di sfida, senza schiaffeggiare l’avversario. E’ dare un orizzonte: non radendo al suolo i grattacieli che lo nascondono, ma cercando di salire sul grattacielo più alto per osservarlo. 

Riflettiamo un attimo: c’è qualcuno che ad oggi saprebbe dire a bruciapelo il nome del Ministro degli Affari europei del Governo Letta? Pochi, credo. Forse perché è lo stesso del Governo Monti? Può darsi. Quale spiegazione si può dare a questo fenomeno? Moavero ha gestito con caparbietà e bravura innate molti dossier, da esperto. Ma non da negoziatore, non essendo diplomatico di carriera, e quindi poco incline al compromesso. Le politiche europee sono purtroppo uscite dal radar del dibattito pubblico. L’Italia, con un corpo diplomatico eccellente e molto apprezzato, non riesce a farsi valere in posizioni chiave della struttura dell’Unione. 

Sul sito del Ministero delle Politiche agricole i primi due banner indicano “Politica agricola comune” e “Istitutizioni europee”: è inutile, non si scappa. Se un Governo vuole “fare”, come a quanto par di capire vorrà appunto il prossimo, non ha vie di scampo se non prendersi sulle spalle l’Europa. Eppure attenzione: un partito che non sa cosa dire sulla riforma della governance economica, sulla politica estera europea, sulle sfide future per l’Unione di solito proclama “vogliamo un’altra Europa”. Ma la ricerca di “alterità”, concetto così politico e quindi così tanto umano, può creare consenso ma non cambiamento. 

La sfida di oggi, con meno di 100 giorni alle elezioni europee e qualche settimana in più all’inizio del Semestre di Presidenza italiano, è non fare gli struzzi. La testa sotto la sabbia non l’ha messa il Presidente della Repubblica ad affidare l’incarico a Renzi, non l’ha messa Renzi a voler assumere in prima persona l’onere e l’onore di uscire dalla “palude”. Sarebbe il colmo se la mettessimo noi. 

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