Bari – “Tutto sbagliato, tutto da rifare”, avranno pensato al Faro di via Massaua – quartier generale di Mimmo Di Paola – prima dell’inversione ad U sulla comunicazione: fuori Studio 9, dentro SwitchOn, agenzia barese attiva da poco più di un anno, nonostante il sito internet risulti ancora in costruzione. E con una campagna di affissioni nuova di zecca: via il bianco e nero e archiviato il Mimmo in girocollo e versione Steve Jobs, compreso l’ultimo fotografato nei toni grigio – azzurri e con l’elmetto. Diversi il font, la grafica – che si fa pop art – ed anche lo slogan. Tanto che, in bella vista sui 6×3, ora appare la formula “Bari merita” seguita da “sicurezza”, “turismo” ecc.
Se per l’ispirazione i creativi scomodano lo statunitense Lichtenstein, per il claim la referenza potrebbe essere assai più vicina. Ad esempio i manifesti che nel 2009 lanciarono la (ri)candidatura a primo cittadino di Simeone Di Cagno Abbrescia, precedendo le indimenticate crasi con i nomi delle capitali europee quali Barigi e Baricellona. Anche in quel caso l’headline era la stessa, ad esclusione del “più” aggiunto, così come la posizione del faccione e del simbolo Pdl: svista, omaggio o citazione? Gli alleati della coalizione già fanno gli scongiuri, sperando che non si replichi il risultato dell’epoca. Agli appassionati la mano che ghermisce il ladruncolo in alto avrà ricordato le celebri ma non benauguranti “mani sulla città” di Gianfranco Rosi e, nel poster arancio dedicato al turismo, torna un aereo stilizzato, riprendendo il cavallo di battaglia dell’ingegnere. Nemmeno troppo cautamente dopo la bufera recente sugli emolumenti.
In compenso, azzerare completamente il progetto comunicativo a due mesi dal voto, anziché optare per vigorose variazioni sul tema e dribblare i malumori in crescendo, è azzardo non da poco. “Un errore”, lo definiscono i detrattori, temendo l’effetto confusione: “Mette in forte rischio omogeneità e coerenza del messaggio e costringe al restyling complessivo di un’immagine lentamente consolidata”. Per di più senza alcun teaser o raccordo con quanto ha preceduto e rinunciando anche all’onda rossa che accompagna il tour nei quartieri, al “Volta pagina, c’è futuro” e al “C’è Di Paola”, diventati identificativi e poi sostituiti dal gioco allitterante “Di più per Bari, Di Paola Sindaco”.
Fatta eccezione per il logo della civica Impegno Civile, nessun cenno ai simboli dei partiti a sostegno del candidato. Semplice marketing, in linea con lo stesso trend che ha portato bene ad Ignazio Marino o Giuliano Pisapia, a citarne un paio? Una scelta che vale doppio, visto il “peccato originale” di quel “non mi identifico nello schieramento ideologico di centrodestra” sfoderato in pieno muro contro muro tra azzurri e alfaniani, che – se da un lato apriva alla platea degli indecisi – dall’altro lasciava scoperto l’elettorato storico di forzisti, ex aennini e Fratelli D’Italia. Si dirà che serrare le fila nello zoccolo duro sarebbe compito delle formazioni in campo ma le malelingue lamentano anche la mancanza, finora, di un gioco di sponda “circolare” tra la testa di serie e i big sui diversi argomenti affrontati. Tralasciando l’improvvida gaffe sulle sciate mancate a Natale. E maggio non è poi troppo lontano.