Le quote rosa sono – l’ennesima – cavolata senza senso che ci tocca subire dal dibattito politico-mediatico.
Veramente, non ne posso più.
Però capisco che, vista la delicatezza dell’argomento trattato, la mia posizione debba essere argomentata un minimo (per quanto mi piacerebbe liquidare la cosa solo con il titolo, nella speranza di un sussulto di dignità trasversale tra donne e maschi perbenisti e benpensanti). Anche perché mi dispiacerebbe essere indicato come retrogrado maschilista, quando probabilmente sono più “femminista” io di molte persone nate in corpi femminili. Per capirci, se dovessi stilare la “TOP TEN persone che stimo”, è probabile la maggioranza assoluta sia composta da ragazze-donne.
A. In ogni caso partiamo dal fatto che un’imposizione di spezzare a metà le candidature (o, peggio ancora, i capolista di nominati delle liste elettorali) è un’imposizione verso l’elettorato passivo, che si vedrebbe privato di votare chi preferisce per competenza (o clientele e promesse, dato che in Italia siamo, mica in Norvegia) ed essere costretto a votare tra persone suddivise in base al fatto che il destino li abbia fatti nascere col pene o con la vagina. Che, francamente, se uno deve tagliarmi l’irap o liberalizzarmi il settore energetico, me ne frega fin là di che genitali abbia colui che presenta il disegno di legge o che lo vota in aula. Mi interessa, per l’appunto, QUALE disegno di legge presenta e COME vota le leggi.
Così vale per i cda delle aziende o per gli impiegati-operai-camerieri-insegnanti-ricercatori.
Davvero, NON CONTA COME PISCI per valutare se sei una PERSONA adatta o meno a ricoprire un ruolo.
Non sto negando che il problema di maschilismo e sottorappresentazione delle femmine in molti ambienti lavorativi ed istituzionali sia un problema. Ma è un problema culturale e strutturale. Che non lo si risolve con la solita bacchetta magica populista delle “leggine del cazzo”.
B. Perché mai la differenza tra persone in base a come pisciano deve prevalere alla categorie di persone divise in base alla loro religione? O in base all’età? O in base alla squadra di calcio che si tifa? Ok, con l’ultimo esempio ho esagerato, ma riguardo al credo religioso (o agli atei&agnostici) non è che sia proprio nonsense rispetto all’insensatezza delle quote rosa. Hanno culture, ritmi e bisogni diversi.
Ancor più sensata è la suddivisione per età, dato che i bisogni e i problemi tra generazioni sono estremamente eterogenei tra loro e (sorpresa!!) le parti più deboli del nostro sistema Italia, i giovani, sono sottorappresentati ovunque, per nulla tutelati rispetto ai più adulti ed anziani e, la maggior parte di loro, senza un futuro.
Suppongo che, se si dovessero fare per forza delle quote-idiote imposte dittatorialmente alla libertà delle persone che devono scegliere chi votare, assumere e nominare, l’urgenza debba essere quella di farlo a nome delle diverse generazioni. (Qualsiasi genitali abbiano).
C. La Boldrini difende a denti stretti le quote rosa. Ciò di per sè dovrebbe farci capire quanto le quote rosa siano fumo – seppur rosa sempre fumo – negli occhi. La Boldrini dice che, siccome metà degli italiani è composto da donne, devono essere presi da esse metà dei rappresentanti del popolo. Lasciamo stare il fatto che, se andasse a leggere i numeri -cosa che i politici, soprattutto i populisti come lei, non fanno- scoprirebbe che le femmine in Italia sono più della metà degli abitanti, ergo secondo il suo ragionamento dovrebbero avere una super quota rosa >50%.
Ma la faccenda più grave è che per la Boldrini non c’è comunicabilità e parità tra sessi diversi. La Boldrini (e probabilmente tutte le donne in parlamento che difendono questa scemenza) ha una visione anti-idealistica, per la quale una donna non possa rappresentare un uomo e un uomo non possa rappresentare una donna.
QUINDI, PER LA BOLDRINI E PER LE QUOTE ROSA NON ESISTE LA PARITA’ UOMO-DONNA
Un’altra cavolata empirica di questo delirio populista l’ho vissuto con le ultime elezioni comunali: nella scheda elettorale potevo mettere due preferenze. Ma c’è un ma. Potevo mettere la seconda SE E SOLO SE fosse stata di sesso diverso dalla prima.
Una mini pseudo quota rosa comunale.
Come se fosse garanzia di parità di trattamento. Un contentino senza senso. E se avessi voluto votare due donne perché le consideravo le candidate migliori e con le idee più assimilabili alle mie? Non potevo farlo. Perché una legge cretina e (tenetevi forte) FASCISTA me lo impediva e mi costringeva ad alternare le mie preferenze sul brillante criterio vagina-uccello.
Cosa che non reputo, come già detto, basilare in scelte del genere.
p.s.: mi piacerebbe vedere che le varie Carfagna, Brambilla, Moretti, Bindi, ecc. protestassero anche per le quote rosa non solo nel Parlamento, ma anche, che ne so, nel Sulcis, nell’esercito, tra i vendirose (avete mai visto vendirose femmine?? Io no).