Gorky ParkL’impotenza ucraina

Via TMNews Dopo il plebiscito in Crimea, l'Ucraina si trova ora davanti ai fatti: la penisola sul Mar Nero ha decretato unilateralmente la secessione da Kiev e la volontà di ritornare sotto l'ombre...

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Dopo il plebiscito in Crimea, l’Ucraina si trova ora davanti ai fatti: la penisola sul Mar Nero ha decretato unilateralmente la secessione da Kiev e la volontà di ritornare sotto l’ombrello di Mosca. Con il mandato del parlamento locale, il governatore regionale Serghei Aksyonov già oggi si rivolgerà al Cremlino per avviare il processo di annessione che la Russia ha segnalato di voler sostenere in tempi ravvicinati. Nonostante le proteste del nuovo governo centrale ucraino e della comunità internazionale, per i quali il referendum di ieri è stato illegittimo e non verrà perciò riconosciuto, la situazione sul campo è in mano alla Russia, che di fatto controlla militarmente il territorio della Crimea.

Kiev, impotente di fronte alle mosse russe e dipendente dall’appoggio concreto – morale e finanziario, ma non militare, visto che l’opzione è stata esclusa sia dagli Stati Uniti che dall’Europa e dalla Nato – si trova nella difficile posizione di gestire una crisi nella quale può solo alzare la voce, ma non sedere veramente al tavolo delle trattative, tantomeno inciderne sugli sviluppi. Almeno per ora.

Il premier Arseni Yatseniuk e il presidente ad interim Olexandr Turchynov hanno trovato le porte del Cremlino sempre chiuse, con Vladimir Putin a sbarrare il dialogo dopo quello che a Mosca è stato giudicato un colpo di stato. Se ora, come lascia intendere la telefonata di questa notte tra Putin e Barack Obama, si apre forse uno spiraglio per il dialogo a livello internazionale tra lo spettro delle sanzioni e la necessità di contenere i danni, Kiev gioca nei negoziati il ruolo minore.

In Ucraina è iniziata la campagna per le elezioni presidenziali, sulla quale convergerà ora l’attenzione e che sarà legata inevitabilmente al rapporto futuro con la Russia, e forse con la scelta del nuovo capo di Stato si potrà arrivare a un rapporto diretto tra Bankova e Cremlino. I due favoriti della vigilia, Petro Poroshenko e Vitaly Klitschko, non sono sgraditi a Mosca, che nel passato ha dimostrato di essere in grado anche di dialogare con Yulia Tymoshenko, terza incomoda nella corsa verso la tornata del 25 maggio.

Nel frattempo è ancora l’emergenza a dettare l’agenda, con la discussione sulle sanzioni internazionali nei confronti della Russia a dominare la scena e il rischio che in Ucraina la situazione possa degenerare. Dopo gli scontri degli ultimi giorni nell’est del paese, il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale Serghei Parubyi ha raccontato della possibilità di un’invasione russa e dell’operazione che a Mosca sarebbe stata denominata “primavera russa” e di cui le autorità ucraina avrebbero già sventato i prodromi.

Oggi il presidente ad interim Oleksandr Turchinov ha firmato un decreto – poi approvato dalla Rada – per la parziale mobilitazione dell’esercito e quella dei “volontari” in Crimea. Il ministro degli Interni Arsen Avakov ha annunciato ieri che è cominciato il reclutamento di quanti vorranno arruolarsi nella Guardia nazionale, il nuovo corpo militare che ha integrato parte delle forze dipendenti dal ministero e le milizie legate alla destra radicale che hanno avuto un evidente peso nella rivolta contro Viktor Yanukovich. L’ex tenente generale Vitaly Yarema, oggi vice primo ministro nel governo Yatseniuk, si è detto convinto che tra Ucraina e Russia non ci sarà comunque nessuna guerra, anche se ci si sta preparando a ogni evenienza. Mosca e Kiev si sarebbero accordate per una tregua in Crimea sino al 21 marzo in attesa di chiarire il destino dei soldati ucraini che si trovano ancora sulla penisola.

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