Imprenditori, economisti e cittadini, oltre che delle tasse, denunciano l’oppressione della burocrazia, anzi, delle BUROCRAZIE.
Il mantra che ricorre a Roma è “i governi e i ministri passano, i burocrati restano”.
I decreti attuativi delle leggi si accumulano e il potere legislativo ristagna nella palude dei ritardi. E chi ha il potere del RITARDO, quandanche la politica voglia correre?
Se un capo di gabinetto non è bravo, il ministro lo può cambiare, un direttore di ministero invece è inamovibile.
Li vedete questi giovanotti del governo Renzi alle prese con i burosauri dei ministeri senza che si cambino i rapporti contrattuali?
Cesare Arrigo, che è stato tra i migliori amministrativisti lombardi, membro e presidente di Organi di controllo d’allora ( anni ’70 e ’80) era contrarissimo all’attuazione delle Regioni soprattutto perché profetizzava che vi si sarebbe “riversata la peggior burocrazia statale insieme all’ondata clientelare”.
È ben vero, come si dice, che è sbagliato fare d’ogni erba un fascio ma è certo come scrive Ricolfi e come narrano le cronache che la spesa regionale è aumentata in modo esponenziale senza alcun beneficio, anzi, di quella nazionale a tutto “vantaggio” del colossale debito accumulato.
Come non bastasse, negli anni ’90 l’Ulivo, modificando addirittura la Costituzione, con il titolo V accrebbe enormemente i poteri regionali e, nonostante un vantato miglioramento dell’avanzo di bilancio, il debito è andato lievitando alle stelle a prescindere dalle diffuse ruberie e peculati.
La modifica del titolo V conclamata da Renzi, ma di cui non si scorgono tracce concrete nell’immediato, è la PIU’ URGENTE se si vuole almeno stoppare il debito dell’Italia, per gli italiani oltre che per quel simpaticone di Olli Rehn
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