L’impronta di Hollande si fa sentire nel governo Valls: Ségolène è il simbolo più forte del nuovo governo, e più che un rimpasto sembra un ricongiungimento.
Dopo lo sgambetto della Trierweiler alle Regionali, la Royal riconquista il ministero dell’Ambiente ribattezzato Ecologia e Energia – suo nel 1992 – dopo la rottura fragorosa dei Verdi ieri.
Ma non dimentichiamo che Valls era il portavoce di Ségolène.
In tutto 16 Ministeri, compattissimi ma manca la Salute: aspettiamo la lista dei segretari di Stato la settimana prossima che completerà il governo Valls prima della fiducia in Parlamento.
Parità rispettata ma i ministeri chiave vanno agli uomini: Le Drian alla Difesa, Cazeneuve agli Interni, Fabius agli Esteri, alla Finanza Sapin, Montebourg all’Economia e Web. La vera patata bollente è il ministero del Lavoro e quindi della disoccupazione che tocca a Rebsamen, una new entry. La Taubira resta alla Giustizia nonostante le polemiche passate, una lezione per Renzi che ha silurato la Kyenge.
Fra le donne del nuovo governo, la magrebina Najat Vallaud-Belkacem giovane portavoce del governo Hollande che ha ora in mano un ministero ibrido: Donne, Giovani e Sport. Poi la Filippetti che, un mese prima del Festival di Cannes, non poteva che restare alla Cultura. Infine alla Pau-Langevin va il ministero più esotico, quello dell’Oltremare, mentre in sordina salta il ministero della Francofonia della Benguigui – da pochi giorni coinvolta nell’ennesimo scandalo fiscale francese. Salta anche la ministra Fleur Pellerin nonostante la campagna su Twitter #KeepFleur delle aziende web francesi per mantenerla al suo posto.
E così Hollande è potuto partire a Bruxelles più tranquillo stamattina per un vertice sull’Africa, polveriera sempre più instabile con l’intervento imminente in Centrafrica. Ma a Bruxelles Hollande dovrà soprattutto saper convincere l’Ue con il suo “Patto di responsabilità” annunciato in piena affaire Gayet. Patti chiari: rimpasto o meno, per l’Ue conta solo la politica economica.