Lo scorso anno, ai tempi del boom Cinque Stelle, durante un dibattito tv un opinionista dichiarò: “Se avessi vent’anni è chiaro che voterei Grillo com’è normale a quell’età.”
Io, ventitreenne che non aveva votato M5S mi chiesi perché avrei dovuto sentirmi un anormale. Il Movimento mi piaceva per alcuni aspetti fra cui la volontà dichiarata di smuovere un sistema cristallizzato e di ringiovanire la politica ma mi inquietava per altri: gli attacchi alla stampa, la superficialità di chi parla per slogan, il sostegno a molte-troppe teorie complottiste, il nulla oltre la protesta. E poi non mi piacevano fenomeni che poi sarebbero esplosi: il settarismo di molti grillini che li spinge ad attaccare, anche pesantemente, chiunque non la pensi come loro. E la web-violenza, per quanto mi riguarda, è violenza a tutti gli effetti: magari non manda nessuno in ospedale ma crea spesso un profondo disagio psicologico, la paura quasi di mettersi di nuovo su una tastiera o di accendere un computer, nel timore di trovare fra i messaggi o i commenti nuovo veleno sparso contro il tuo diritto alla parola.
Io ventitreenne che non aveva votato M5S scoprì ben presto di non essere l’unico anormale. Scoprii ben presto che insieme a me, molti altri ragazzi e ragazze si trovavano a disagio nell’essere identificati come simpatizzanti di un movimento che sentivano sempre più distante da loro. Alcuni iniziarono, anzi, a contrastarlo e a metterne in discussione tutti i punti, tutte le iniziative, tutti i fondamenti su cui si regge la loro propaganda. Un’opposizione nata e cresciuta sfruttando le armi che buona parte della nostra generazione sente più vicine a sé: Youtube, Facebook, Twitter, blog, Google. Mi piace, ad esempio, citare questa canzone rap di un ragazzo toscano:
Non voglio commettere ovviamente l’errore opposto e dire che tutti gli antigrillini siano giovani perché non è vero. La verità è che semplicemente questi fenomeni sono intragenerazionali e non possono essere etichettati a semplici fattori anagrafici.
Da allora è passato più di un anno. Un anno lunghissimo e alla prova elettorale di quest’anno il Pd ha ottenuto un’affermazione storica mentre il M5S ha perso milioni di voti. Dopo la disfatta di queste europee, Grillo ha voluto rilanciare la tesi di essere il partito dei giovani, un partito contrapposto a “generazioni di pensionati che non pensano ai loro figli e ai loro nipoti”, scaricando quindi sugli anziani le responsabilità della sua sconfitta.
Non so chi autorizzi Grillo a descriversi come partito dei giovani. Le statistiche sono confuse, alcuni sondaggi dicono che M5S prevalga fra gli under 30, altri invece indicano in Matteo Renzi il preferito delle nuove generazioni. Nel mio piccolo mondo, i ventenni che conosco e so essere simpatizzanti del PD e di Renzi superano abbondantemente quelli che votano Grillo ma capisco benissimo che le mie amicizie non possano essere un parametro affidabile.
In realtà questo voler dipingere i giovani come grillini in blocco è il solito, ennesimo luogo comune sulla nostra generazione. Gli adulti, incapaci di descriverci, sanno solo appiccicarci etichette e trasformarci quello che siamo nelle loro proiezioni. E poi generalizzare è sempre un errore: ogni giovane è diverso dall’altro, ognuno ha una sua storia e un suo percorso personale. E’ offensivo immaginare per tutti la stessa strada.