Mercato e LibertàCome si è arrivati all’Eurocrisi

Ci sono vari miti da sfatare riguardo l'euro: la scarsa competitività dell'Italia non è frutto di un cambio “sfavorevole” della lira; la crisi dell'euro non ha origine nel 2010; la recessione non è...

Ci sono vari miti da sfatare riguardo l’euro: la scarsa competitività dell’Italia non è frutto di un cambio “sfavorevole” della lira; la crisi dell’euro non ha origine nel 2010; la recessione non è stata causata dall’austerità; la crisi non è dovuta all’eccesso di risparmi tedesco.

Le basi dell’Eurocrisi nascono con l’introduzione dell’euro. Dal 1999 in poi (più tardi per la Grecia, che entrò successivamente) gli spread tra paesi europei si annullarono: il debito dei PIGS era considerato sicuro come quello tedesco, il che era una palese assurdità. Stiamo parlando di sovvenzioni sul costo del debito del valore cumulativo di centinaia di miliardi di euro, non noccioline: si tratta dei “dividendi dell’euro”.

I “dividendi dell’euro” hanno preso quattro strade diverse nei quattro PIGS.

  • In Portogallo non c’è stata crescita, ma si è accumulato un debito commerciale mostruoso, investito per finanziare un livello di consumi enorme rispetto al PIL. Il debito impiegato per consumi non produce nulla con cui poi ripagarlo e diventa presto insostenibile.

  • L’Italia ha ristagnato, e la riduzione della spesa per interessi è stata sprecata per aumentare la spesa primaria. Si è quindi trovata impreparata quando il costo del debito è tornato a livelli sensati (o superiori). Unica tra i PIGS, non ha avuto boom del deficit commerciale.

  • In Grecia c’è stata crescita accelerata per oltre un decennio. Gran parte di questa crescita era finta, e quasi tutti i dividendi dell’euro sono stati sprecati per politiche clientelari e corrotte. Nel frattempo si sono accumulati un debito estero e pubblico mostruosi.

  • In Spagna il debito estero è andato a finire nel settore immobiliare. Inoltre le banche si sono indebitate e questo ha contribuito a rovinare una buona parte dell’eccellente performance economica spagnola dei decenni precedenti.

Una sola spiegazione per l’evoluzione dei PIGS è quindi impossibile, anche se molti semplicisticamente provano a spiegare tutto con un singolo fattore. La storia continua così:

  • La competitività dei PIGS diminuì gradualmente nel tempo, probabilmente perché il benessere apparente dovuto ai dividendi dell’euro consentiva maggiori rivendicazioni salariali. Se il problema fosse stato il cambio iniziale, la competitività non si sarebbe persa gradualmente.

  • Nel 2007 come conseguenza della crisi subprime il flusso di capitali verso i PIGS cominciò a dar segni di inversione, e si cominciò ad accumulare crediti Target (la BCE cioè si sostituì alle banche private nel sostenere i deficit commerciali).

  • La crisi iniziò poi a colpire duramente sul PIL, facendo esplodere i debiti pubblici preesistenti (Italia e Grecia) o generati dal bail out del sistema finanziario (Spagna).

  • Soltanto nel 2010 gli squilibri commerciali e sui titoli di debito pubblici (non c’è differenza tra debito pubblico e debito delle banche: quando le banche hanno un problema, paga il contribuente) divennero evidenti con l’aumento degli spread.

  • Negli anni successivi il crollo del deficit commerciale dei PIGS ha riequilibrato i flussi di capitale tramite collasso della domanda interna. Questo esito era inevitabile: un’economia non passa dal ricevere il 10% di PIL di crediti dall’estero allo 0% senza collassare. Senza crediti esteri non ci sarebbe stato alcun boom precedente: se la “Germania” (o chi per lei: in realtà i flussi di capitale non sono semplici da ricostruire e non sono tutti interni all’UE o all’eurozona) avesse consumato di più, ci sarebbero state solo meno risorse sin dall’inizio.

  • Alcuni governi, come l’Italia, hanno poi deciso che aumentare le tasse era più facile politicamente di tagliare la spesa e così hanno aggravato la recessione per conservare quanto più possibile il sistema politico clientelare alla base della stabilità politica del paese.

Forse si cominciano oggi a vedere i primi segni di ripresa, ma la finanza rimane problematica, non solo nei PIGS; l’aumento della pressione fiscale danneggerà la crescita come l’aumento del debito pubblico; e (si spera) non si tornerà più agli spread nulli e agli insostenibili flussi di capitale transfrontalieri che hanno creato l’illusione dell’abbondanza per oltre un decennio, rendendo possibile l’accumulo di enormi squilibri macroeconomici.

Il post-crisi per l’Italia sarà comunque caratterizzato da stagnazione, mentre altri paesi dovranno affrontare alcuni problemi interni e fare a meno di ingenti finanziamenti dall’estero, ma probabilmente hanno maggiori prospettive di crescita.

Sarebbe bello se ormai a ridosso delle Elezioni Europee si parlasse di questo, anziché di scempiaggini anti-euro, pro-debito e pro-spesa, quando non ancora peggiori, e di piani di creazioni di unioni politiche continentali che non hanno altra base che non la hybris degli europeisti, che è stata il fattore scatenante della crisi, assieme all’incompetenza e alla miopia delle classi dirigenti nazionali.

Pietro Monsurrò (pietrom79)

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