Arriva un momento della vita in cui sai di aver oltrepassato una soglia, o di qua o di là, e ormai sei di là. La chiamano crisi dei quarant'anni, e non ha a che fare con i tumulti adolescenziali...
Arriva un momento della vita in cui sai di aver oltrepassato una soglia, o di qua o di là, e ormai sei di là. La chiamano crisi dei quarant’anni, e non ha a che fare con i tumulti adolescenziali. Piuttosto subentra un senso di disincanto generale, un mood tra lo scettico e il cinico che ti fa guardare il mondo da un fondo opaco di lucidità virata seppia.
Ci si metta anche qualche piccolo disastro sentimentale, l’accumulo dei giorni passati a bruciarti gli occhi sui fogli, le troppe sigarette che ancora ti ostini a tenere in bocca, i capelli volati via col vento, gli inevitabili oltraggi che la fortuna ti ha rimbalzato, e aggiungete qualunque altra cosa faccia tanto «autunnale maggio»…
Fatto sta che guardi le persone e ti sembrano scimmie, con i loro volti tutti uguali, la nausea. Senza necessità di un’epifania in un giardino, basta solo il silenzio di una camera alle otto di sera, senza la voglia di accendere la tv, né di schiacciare le due battute su twitter o facebook, mentre i libri, ancora incellofanati, si sedimentano sulle terze file delle librerie Ikea.
E non sai neppure se devi continuarlo questo diario, questa specie di dispositivo troppo roboante che chiamiamo blog.
Dunque, mentre da una macchina parcheggiata davanti alla finestra sale la canzone troppo nota dei Metallica per doverla citare, apri e leggi questi versi, e in parte ti consolano ancora.