E ora qualcosa di completamente diversoIl dito della mensa di Pomezia e la Luna della diseguaglianza

Si è dato molto risalto alla scelta della giunta comunale di Pomezia (reddito pro-capite nel comune: 19.222€; indice di Gini: 0.3, contro una media italiana dello 0.34]) che ha deciso di fornire du...

Si è dato molto risalto alla scelta della giunta comunale di Pomezia (reddito pro-capite nel comune: 19.222€; indice di Gini: 0.3, contro una media italiana dello 0.34]) che ha deciso di fornire due diversi tipi di pasti presso gli asili e le scuole elementari della città.
Ad un prezzo di 4€ a pasto un bimbo o una bimba potrà avere un pasto completo senza il dolce; con 4.40€, invece, il pasto sarà completato da un dessert.
La scelta, legata ad una delibera comunale emanata a fine 2013, è stata resa pubblica, guarda caso, a pochi giorni dalle elezioni europee. La circostanza, che ha trovato grande spazio sulle pagine del Corriere, sembra perfetta per mettere in luce una cultura discriminatoria legata al sindaco e legata indirettamente al partito da cui proviene: il Movimento 5 Stelle.

La questione ben si presta a una reazione emotiva: ma come, in una scuola viene insegnata la discriminazione? Come reagiranno i ragazzi alla scelta dei genitori di non spendere 0.40€ per il loro pranzo ( 8 o 9€ al mese…)? E come guarderanno gli amichetti i compagni di classe che mangeranno il dessert?

A leggere le reazioni dei politici (PD, SEL) e dei commentatori tutti (nel tutti metto le migliaia di voci pubbliche dei social network), sembra che Fabio Fucci, sindaco di Pomezia, voglia tracciare un solco inviolabile nella mente dei bimbi dividendo la comunità in figli di serie A e figli di serie B. E questo non è giusto. Soprattutto a pochi giorni dalle elezioni Europee!

Onestamente, trovo davvero pretestuosa la polemica. E’ come guardare il dito quando l’attenzione dovrebbe ben spostarsi sulla Luna!
Già in Italia esistono scuole pubbliche e private di serie A e di serie B (o C, o D). All’interno delle scuole stesse, esistono classi con un gruppo di insegnanti di migliore qualità e classi con insegnati più scarsi. E’ così da tempo, accade dappertutto. I genitori più attenti si informano su dove mandare i figli: quella scuola sì, quella no; quella sezione sì, quella no. Nessuno ha mai trovato scandaloso tutto ciò. Anzi.
Il fatto stesso che dei genitori vengano a prendere i bimbi a scuola con un’utilitaria o un Suv segna una differenza, probabilmente incomprensibile all’asilo, ma molto chiara già dalle elementari. Anche in classe, c’è chi avrà la cartella o lo zianetto più bello e chi no. Per non parlare dei vestiti…
Se i bimbi si frequentano fuori dall’ambiente scolastico, le condizioni delle famiglie da cui provengono emergeranno: ci saranno bimbi che vivono in famiglie più agiate e bimbi che vivranno in famiglie meno agiate.
Per non parlare delle famiglie che hanno libri e tempo da dedicare al bimbo: c’è una letteratura scientifica sterminata a dimostrare come in queste famiglie fin dalle elementari il bimbo avrà più possibilità di emergere, di conoscere, di sapere, aprendosi così più opportunità per il suo futuro. Spesso proprio le famiglie più benestanti offrono migliori opportunità ai propri figli. Nessuno sembra, comunque, lamentarsene.
Insomma, la disuguaglianza è un dato di fatto che emerge in ogni momento nella vita dei piccoli, perché la diseguaglianza è un fatto strutturale della società, di questa società.

Si obietterà: cosa c’entra lo spazio delle scelte private con la sfera pubblica della scuola? Se è lecito andare a prendere il bimbo col SUV, non per questo è giusto accettare che la scuola manifesti queste differenze.
Forse. Ma ogni istituzione riflette la società che la crea: una società fortemente diseguale non può che portare a istituzioni che perpetuano questa diseguaglianza.
Di più, ritenere che la scuola debba rappresentare un ideale di società diverso da quello che gli studenti poi incontreranno nel loro percorso è giusto nel momento in cui la scuola (e l’istruzione) mantiene una funziona sociale centrale. Questo non accade. E non può accadere in una società diseguale, visto che il primo ostacolo all’eguaglianza è proprio l’istruzione.

Dopo anni di denigrazione del corpo docenti (soprattutto quelli delle scuole pubbliche) e delle istituzioni che ogni giorno rappresentano nelle aule, l’importanza della scuola come strumento educativo si è ridotto. Ha perso legittimità in favore di altri e ben più presenti e rispettati “maestri”. E basta davvero poco per rendersene conto.
E poi, basta con le ipocrisie: è sufficiente leggere i dati PISA-Oecd per rendersi conto che le diseguaglianza all’interno del sistema scolastico sono notevoli. Cosa deve dire una maestra di Crotone quando un suo studente chiede come mai a Trento le scuole sono migliori, così come i risultati degli studenti trentini?
Solo perché questa situazione è presente da anni, non c’è più scandalo?

Pertanto, vorrei spezzare una lancia a favore del sindaco di Pomezia.
Se è vero quanto è riportato dai giornali, il fatto che abbia incontrato, discusso e analizzato il problema partendo dalle richieste dei genitori, si deve apprezzare il metodo e la consapevolezza che questo metodo può portare. Aver aperto un canale di confronto fra scuola e società non è una richiesta che avanzano tutti? Non si dice sempre che la scuola è arretrata, lontana dalla società? Piaccia o meno, ecco un esempio di cosa può portare il dialogo fra scuola e società.

Comunque la pensiate, la scelta del sindaco è l’effetto di una società diseguale, non certo la causa.
 

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