Largo ai vecchiL’invidiabile Pierfranco

    Pierfranco Faletti, ingegnere, uomo politico, manager di alto livello, consistente proprietario immobiliare, ha avuto un'idea che, al giorno d'oggi, non si può dire sia molto originale: ha scr...

Pierfranco Faletti, ingegnere, uomo politico, manager di alto livello, consistente proprietario immobiliare, ha avuto un’idea che, al giorno d’oggi, non si può dire sia molto originale: ha scritto un libro. Personalmente sono l’ultimo, veramente l’ultimo, che possa criticare questa idea e anzi non ho che compiacermi ancorché, come tutti sappiamo, il numero degli scrittori è enormemente aumentato e supera ormai di fatto quello dei lettori. Escono, mi si dice, due libri al giorno.

Ho comunque comperato anche sotto autorevole, seppur affettuosa, pressione dell’autore il libro in oggetto “Luci a Milano. 50 Frammenti degli anni ’50” ed. Bolis, 256 pp., 14€. Presso l’edicola indicatami dove il libro è trionfalmente esposto. Si tratta di una cavalcata nella storia di Milano fatta da un gruppo multisociale di giovani negli anni ’50 – ’60. Il periodo cioè del boom economico. La lettura è resa agevole dalla divisione in brevi capitoli e l’asetticità della scrittura lo preserva da un Amarcord liquoroso. Dunque un libro del filone letterario riferito alla storia e alla vita di Milano e dei milanesi. Un genere sempre presente nella letteratura milanese che trova anche i suoi appassionati, cultori ispirati a un patriottismo radicale per la loro città che alcuni perfino trovano bella. Faletti però non sembra riconnettersi come stile e sensibilità alle “note azzurre”(1), ma neppure alla “Adalgisa”(2) né ai più recenti “La Gilda del Mac Mahon” o “nebbia al Giambellino”(3). No, per esser sinceri, a nessuno di questi ma forse “Ai Cento Anni” dove, anche lì, c’è l’inseguimento un po’ romanzato di una storia milanese appena precedente la vita dell’autore. Si, appunto, i “Cento anni” di Rovani. Ma quanta differenza nella vita tra i due autori comparabili nella storia: il Rovani povero, sempre in modesti abiti macchiati di vino, scacciato dai suoi stessi amici liberali per aver collaborato a una rivista degli austriaci morirà solo e alcolizzato nella Milano liberata, come aveva sempre sperato, ma che non lo riconosceva più. Il Faletti al vertice di un’esistenza fortunata e operosa, circondato dall’affetto della famiglia e della moglie “bella ai suoi bei di”(4) come la Rocca Paolina, alla testa di un gruppo volenteroso e ottimista per la rinascita della città dei navigli e delle ciminiere per altro ridotta oggi a un conglomerato urbano infinito e inconsapevole. L’ottimismo e la disperazione assimilati in una formula letteraria non nuova ma talvolta spettacolare: piazzale Loreto e il linciaggio del Prina. Luci e, fors’anche, ombre a Milano. Ma noi che siamo, più o meno, della stessa generazione del Faletti ricordiamo con più piacere le luci, soprattutto quelle di San Siro, e le ragazze che negli anni ’60 avevano incominciato a prendere la pillola.

L’amico Faletti, su di me, da sempre, autorevole, non cessa peraltro, nel pieno della crisi libraria, di avere la fortuna dalla sua parte. Infatti è omonimo di un mediocre ma per questo assai venduto scrittore italiano. Una signora borghese e quindi graziosa, nell’edicola sopra descritta, commentava felice al mio fianco: “ecco anch’io voglio comperare l’ultimo libro di Faletti”.

(1) Carlo Dossi

(2) Carlo Emilio Gadda

(3) Giiovanni Testori

(4) Giosuè Carducci

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