L’accattone“Non rinnovare un contratto è come licenziare”

Nell’ultimo film dei fratelli Dardenne, Deux jours, une nuit, alla protagonista, Sandra, che rischia di perdere il lavoro, viene proposto di essere reintegrata nell’azienda. Solo che il suo reinte...

Nell’ultimo film dei fratelli Dardenne, Deux jours, une nuit, alla protagonista, Sandra, che rischia di perdere il lavoro, viene proposto di essere reintegrata nell’azienda. Solo che il suo reintegro è subordinato al non rinnovo del contratto a tempo determinato di un collega. Sandra dice di non voler riavere il posto facendo licenziare qualcun altro. “Non sarà licenziato nessuno, si tratta solo di un contratto a termine che non rinnoveremo” le dice il padrone dell’azienda. “E’ la stessa cosa” ribadisce lei.

La normalità del licenziamento. Il fatto di considerare il non rinnovo come un licenziamento è un leggero cambio di prospettiva, eppure sorprendente. Che interroga il modo in cui siamo abituati a vedere il mercato del lavoro. Da una parte ci sarebbe la visione economica della cosa: il contratto a tempo determinato garantisce la flessibilità e facilita dunque l’assunzione. Perché se posso prevedere uno stipendio su sei mesi invece che dieci anni, mi è più facile puntare su qualcuno di cui magari non so se avrò bisogno in futuro. Dall’altra c’è la visione sociale, quella dei Dardenne, centrata sulla persona e dunque sul dopo (sei mesi dopo l’assunzione): non rinnovare un contratto significa di fatto mandare a casa e dunque, licenziare. Per il dipendente la situazione non cambia da un licenziamento. E’ una visione delle cose con una presa di posizione forte e, certo, orientata, dalla parte del lavoratore e non dell’imprenditore. Non significa che i contratti a termine siano il male assoluto, ma sembra piuttosto porre la questione seguente: cosa è possibile fare quando il contratto a tempo determinato non è l’eccezione ma la regola?

Accostare semanticamente queste espressioni – licenziamento e fine di un contratto a durata determinata – implica vedere la società, sotto un certo aspetto. Siamo forse in una situazione in cui il licenziamento costante è la norma? Rendere tutti i contratti precari non significa forse incitare gli imprenditori a prendere certe misure anche là dove non ce ne sarebbe bisogno? Lo Stato dovrebbe essere lì per garantire che questo non accada ma pare che sia il contrario, lo Stato sembra oggi garantire che il licenziamento sia costante e per tutti.

Quindi i Dardenne ci fanno riflettere sul fatto che una società che mira a favorire i contratti a termine, è di fatto una società che dà la possibilità di licenziare “senza giusta causa”. Non che questo sia sempre il caso, ma le regole lo rendono possibile, anzi, normale, invece di impedirlo.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter