Alla stazione di Capalbio Scalo non c’è la biglietteria. E Michele Serra – che evidentemente quei posti li frequenta (si badi, non è una colpa) – ci ha fatto per l’Amaca del 26 luglio un bel pezzettino a metà strada tra il com’era verde la mia valle e la denuncia sociale. Alla stazione di Capalbio Scalo non ci sono le biglietterie però ci sono gli “indigeni gentili” che avvertono il Serra che probabilmente, sì, buana!, una volta salito, il biglietto si potrà fare a bordo di quel “trenino bianco sfuggito alle cure dei writers e dunque non orribilmente tatuato”.
E io li vedo tutti questi romani de sinistra con la pelle arrossata dal sole di Capalbio fare ciao ciao con la manina a quei convogli d’altri tempi “che sbucano dai pini e dentro i pini spariscono”. Li vedo con le loro barbette brizzolate, il libro aperto davanti, vergare – mentre aspettano sul sedile aborigeno il controllore che non arriverà mai – la frasona da inserire ne L’Amaca: “Dimmi, mio bel trenino: in quanti ci hai portato gratis dalla Toscana a Roma? E quanto ha risparmiato la tua mamma Trenitalia, decimando il personale, e quanto perde impedendo di pagare il biglietto e chi vorrebbe tanto pagarlo?”.
Ecco, fossi l’amministratore delegato di Trenitalia, una volta letto l’articolo scriverei la seguente letterina: Gentile Michele Serra, sono il capo della mamma. Innanzitutto la ringrazio della segnalazione. Il feed back con gli utenti è per noi un prezioso aiuto. La prego quindi, se proprio ci tiene al suo civismo, di mandarci un bel foglio excel con – sopra – gli orari e le tratte da lei coperte nell’ultimo mese. Ah, sì dimenticavo… mi segnali anche gli spostamenti dei suoi amichetti stronzetti de sinistra. Cordialità!”.