Ok, ora che c’è stata la carica della polizia agli operai, la vertenza Ast – quella delle acciaierie di Terni, per intenderci – è sulle prime pagine di tutti i giornali. Anche del Corriere della sera, di Repubblica, e della Stampa. A differenza dell’altra volta, di quando cioè ci fu lo sciopero generale nella città umbra e un ternano su tre scese in piazza (la notizia, per me, c’era anche allora, ma tant’è).
Che finalmente ci sia attenzione nazionale su questa faccenda è un bene. L’acciaio di Terni, oltre che essere importante per la città, è fondamentale per l’Italia e per la sua politica industriale, ammesso che vogliamo averne ancora una. E’ un bene però, a patto che adesso si parli di acciaio, di piani di sviluppo, di quote di mercato.
E’ interesse degli operai delle acciaierie di Terni rimanere sui giornali dettando l’agenda. E in quell’agenda non è importante che si parli di “dittatura morbida” o di “spallata” al governo Renzi o dell’insipienza di un ministro dell’interno che ha dato spesso cattiva prova di sé. E’ rilevante per gli attori politici nazionali, molto meno per chi sta difendendo il posto di lavoro.
Insomma, questa carica della polizia – che ha dato all’acciaio ternano la dignità delle prime pagine – si trasforma in un “male mediatico” se si limita ad essere lo strumento per buttarla in caciara. La manganellata è utile come mezzo, ma il fine è costringere la Thyssen Krupp (e la Comunità Europea) a non smantellare la produzione. E un sindacato serio farebbe bene a rimanere sul pezzo. Per il bene degli operai che dice di rappresentare.