Genova, novembre 2011: l’esondazione del torrente Ferregiano provoca sei morti, tra cui due bambine.
Genova, ottobre 2014: a causa dell’esondazione di quattro torrenti, un uomo perde la vita e la città viene sommersa da acqua e fango.
In Italia, dal dopoguerra in poi, almeno tre miliardi di euro vengono spesi annualmente per far fronte alle conseguenze di frane e alluvioni. I ministri dell’Ambiente che si sono susseguiti in questi anni hanno ripetuto, come fosse un mantra, che il dissesto idrogeologico è un’emergenza nazionale. Eppure- nei fatti- per contrastarla si è fatto poco o nulla. Ciò che è accaduto a Genova stanotte ne è l’ennesima dimostrazione
Sembra una maledizione tutta italiana quella di non imparare nulla dai propri errori. Eppure la nostra storia è costellata di calamità. Basta sollecitare la memoria e si riaffacciano alla mente le immagini in bianco e nero- a metà strada tra autobiografa collettiva e documento storico- dell’acqua che diventa fango, ricoprendo uomini e cose. A Firenze, nel novembre del 1966, le immagini dei volontari arrivati da ogni parte del mondo per salvare il patrimonio artistico della Biblioteca Nazionale, hanno fatto storia.
Col passare del tempo le immagini sono diventate a colori, ma la disperazione è rimasta la stessa. I 159 morti di Sarno nel 1998, a causa di una frana, pesano ancora sulla coscienza di questo Paese miope e distratto; così come i morti del Polesine, del Vajont, della Val di Stavia, della Sicilia, della Sardegna, etc. (impresa impossibile elencarli tutti perché l’elenco è infinito).
Ogni regione italiana presenta il suo lungo inventario di distruzione e morte; ogni volta si annunciano provvedimenti, urgenti e risolutivi. Ma per sistemare tutti i dissesti idrogeologici presenti sul nostro territorio sarebbero necessari, secondo gli esperti, 40-50 miliardi di euro (almeno). Soldi che, negli ultimi anni, non ci sono stati perché i Comuni italiani sono vincolati dal Patto di Stabilità– voluto da ‘mamma Europa’– che impedisce categoricamente ogni forma di investimento per non andare a pesare sull’indebitamento nazionale. Negli anni antecedenti invece, lo Stato italiano non è stato in grado di preservare il territorio ma, anzi, ha peggiorato la situazione con interventi inopportuni e spesso scellerati ai danni dell’ambiente.
Adesso si confida nel decreto Sblocca Italia che dovrebbe consentire alle Amministrazioni locali di intervenire in maniera mirata e preventiva lì dove il rischio idrogeologico è maggiore. Ogni regione italiana presenta rischi dovuti alla sua morfologia e ai cambiamenti subiti nel corso del tempo.
L’impegno è indubbiamente gravoso ma non possiamo permetterci di procrastinare ulteriormente quello che sarebbe dovuto esser fatto anni fa.
Oggi è questa la priorità del nostro Paese: ripartire dalla nostra terra, quella che calpestiamo ogni giorno, affinché non si trasformi ancora una volta in fango.