Ogni tanto, chiuse le pagine di un quotidiano,di fronte ad uno sportello della P.A,o mentre assiste svogliato ad un talk show, il cittadino qualunque si chiede sempre più spesso: “Come mai non si riesce a deliberare alcuna riforma utile per il Paese?”
L’interrogativo non è casuale né estemporaneo al clima culturale odierno,anzi è il cuore di tutta la questione nazionale e va risolta in fretta e con perizia perché ,come in qualunque attività,per riuscire ad avere successo, ci vuole un gran dispendio di energia e una grande determinazione,anche in questo caso bisogna impegnarsi con scrupolo, sebbene siano doti di cui forse a livello istituzionale ne siamo sprovvisti per qualche strano destino.
Premettiamo che nessuno di noi,che nessun interprete ha le carte vincenti in mano,ma bisogna andare a pescarle dal mazzo e saperle giocare opportunamente con professionalità. La questione infatti è troppo grande e potrebbe essere superiore alla nostra capacità di analisi. In questo caso,tuttavia ,noi osserviamo la realtà, i documenti ed i propositi della classe dirigente e le modalità con cui essa tenta di risollevare le sorti del Paese. Ed emerge con insistenza uno schema fatto di ipotesi, di elaborazioni, di approfondimenti il cui esito è, sistematicamente, l’inconcludenza ed il cicaleccio.
Come mai succede questo? Ci sarebbero,secondo il nostro modestissimo parere, alcune cause storiche ed altre più recenti ,che sommandosi hanno determinato il nostro carattere culturale.
Il primo motivo ha una sottolineatura storica e risiede nel “rapporto Stato- cittadino”. Ebbene,questi dapprima ha interpretato lo Stato come un odioso patrigno,che ha imposto la leva militare obbligatoria ,che ha fatto da gabelliere,tassando odiosamente persino il macinato,che lo ha oberato di regole e di imposizioni passive, offrendo in cambio della sua esosità dei servizi scadenti. In questa fase storica lo Stato è stato considerato e visto come “lontano,come altro,distaccato ed indifferente” alle vicissitudini quotidiane del cittadino. Successivamente ,quando sono cresciuti “i corpi intermedi”, politica,partiti,associazioni di categoria e sindacati,lo Stato indirettamente è stato concepito come una grande “placenta materna”, in cui trovare rifugio, sicurezza e crogiolarsi senza fastidio. C’è da costruire un ponte,raddoppiare una ferrovia,allargare le assicurazioni sulla salute e sulla previdenza,favorire l’imprenditorialità , l’occupazione, garantire il titolo di studio a tutti…? Ci pensa lo Stato tramite i suoi organi effettivi:la politica,la burocrazia amministrativa ed il sindacato. Il gioco è durato tanto finché un giorno ci accorgemmo che c’erano tanti debiti da pagare ed i creditori petulanti bussavano alle porte ,forse per non fallire anch’essi continuando a sostenerci. E’ avvenuto come capiterebbe a quello spensierato giovanotto, un po’ scavezzacollo, che con una carta di credito azzerata faccia shopping, dicendo a tutti sorridente di aspettare il saldo domani. Nessuno degli acquirenti e dei venditori però deve essere stato educato al fatto che nella vita ,amaramente, non esistono pasti gratis.
Il secondo motivo è il fenomeno della “dislocazione futura” dei problemi stringenti. Tutto quello che deve essere assolutamente fatto oggi viene spostato a domani o posdomani. Intanto la situazione peggiora e diventa progressivamente insostenibile,e dove l’intervento iniziale costava poco sacrificio ora esso risulta gigantesco ed irreparabile. Si devono fare dei tagli nelle spese della P.A. per far quadrare i conti e renderli sostenibili per lo Stato di oggi e di domani?Nossignori,non si fa perché ciò determina una qualità scadente dei servizi ed il discorso non può avere contradditorio perché altrimenti salta tutto l’apparato del welfare e tutta la storia di conquiste degli ultimi quarant’anni. Non si può .Bisogna procedere in altro modo,avere delle alternative.
Sembra che i decisori del nostro Paese non vogliano provare a costruire uno Stato diverso perché ci sono dei tabù arcani da osservare ,ma soprattutto perché non si vuole far del male al cittadino, sottraendogli tutte le certezze e sicurezze raggiunte. In fondo,si sta bene tra le coltri dello Stato ,così edificato , anche se in quel tepore confortevole si annidano tanti privilegi,prerogative,assimetrie(ingiustizie), che a ritroso nella storia si ritrovano solo agli albori della rivoluzione francese. Nella routine ,”del troppo grasso che cola per una maggioranza” ,ancora si sta bene,e quindi non bisogna rimestare o scardinare il calduccio che non fa pensare a nessuno di correre ai rimedi. La tempesta arrivi pure violenta,ma giunga domani e sarà sofferenza per tutti. Anche se nell’intimo del proprio pensiero tutti ritengono che non succederà perché l’Italia è un grande paese e non ci può capitare nulla di peggio di quanto abbiamo visto finora. Non si vuole correggere gli errori compiuti perché ognuno si ritiene esperto e sono solo gli altri ad aver commesso errori. In questo clima di dictat,di autoritarismo fanciullesco, nessuno ammette i propri sbagli perché non considera l’opportunità né ha le capacità di fare autocritica o si vergogna di farla perché troppo supponente ed autoreferenziale e perciò è irrilevante anche il tentativo di una relazione tra tutte le forze sociali e professionali per uscire dalle secche di una realtà che si è fatta pesante per tutto il Paese. Ogni loro mossa(dei decisori) è ancora accarezzata da un ideologismo fatato ed irrealistico e si fa fatica a risvegliarsi per confrontarsi con le cose del mondo. A questo, ci deve pensare sempre qualcun altro…il ricco,il burocrate,il partito avversario,il sindacato,l’operaio,l’impresario,l’evasore,colui che,giustamente, non ha controllato pur avendone i mezzi e la funzione,la troppa negligenza,il giudice,etc..In questa ricerca della responsabilità c’è dell’oggettivo ,ma moltissimo anche del fuorviante:non c’è comunque una assunzione effettiva delle urgenze da risolvere.
Il terzo motivo è l’incapacità di scelta ,o ,meglio,la volontà di non scegliere e di non decidere diversamente da come è andata finora perché quello status quo che si dovrebbe modificare strutturalmente è ritenuto il meglio di ciò che potevamo costruire ,anche se in concreto soffocherà il domani. Una delle principali cause di questo scioccante esito è che il corpo statale è troppo obeso e spende male e tanto,ma ci sono numerosi veti potenti ed incrociati perché si metta responsabilmente mano. Molti infatti hanno interpretato il ruolo politico come un tentativo di occupazione democratica dello Stato piuttosto che un luogo dove riflettere e progettare azioni per il bene della comunità e del Paese.
Il risultato di queste carenze ,incistate nella cultura nazionale ,stanno emergendo con tutta la loro spiacevole ruvidezza e con il crescente allarme degli organismi mondiali(FMI,BMI,BCE), preposti all’equilibrio finanziario e alla sostenibilità oggettiva del debito.
Invece ,come una legge del contrappasso per espiare non si sa quale peccato , si registrano costantemente dei comportamenti simili agli esempi seguenti.
Per salvare la credibilità dello Stato e tutelare il futuro dei giovani,si deve iniziare a tagliare?…
Ebbene,lo si farà domani ,anzi sui documenti scriveremmo una clausola di salvaguardia per ricordarcelo che lo dobbiamo fare. Nel frattempo,di anno in anno sono scattate molte tagliole e nessuno ha gridato più di tanto o si è allarmato. Tutto procede ordinariamente.
Si deve fare una riforma per sostenere le pensioni integrative o l’allargamento del lavoro delle donne? …Bisogna farlo tramite degli incentivi fiscali così come l’auspicata crescita. Nessuno si chiede però che non ci sono incentivi ,se non si taglia con intelligenza da qualche parte.
Senza retorica diciamo:quando ci sveglieremmo e capiremmo che qualcosa in noi non funziona?