Forte di una presenza mai così capillare nel nostro Paese, il fumetto si può ben dire che ha ormai pervaso ogni ambito del nostro quotidiano. A questo si accompagna una produzione editoriale quale mai abbiamo conosciuto in oltre cento anni di storia… fra creazioni nostrane e traduzioni dall’estero, raccolte e ristampe anastatiche o ricopertinate, che ormai all’anno può vantare circa 4 mila titoli per 40 milioni di copie vendute attraverso soprattutto i canali tradizionali: 30 mila edicole, 3 mila librerie e 300 fumetterie (negozi specializzati).
Ecco quindi che abbiamo pensato per Linkiesta a tre appuntamenti settimanali di recensioni e segnalazioni, dedicati il lunedì alle uscite in edicola, il mercoledì a quelle in libreria e il venerdì in fumetterie, fiere e occasioni particolari.
Scegliendo di concentrare la nostra attenzione su prodotti realizzati nel nostro Paese – a premiare chi sceglie di investire su autori e personaggi italiani – e tenendo sempre gli occhi aperti sull’intera fiction contemporanea (in un’epoca in cui è impossibile fare altrimenti), non è stato in fondo difficile individuare il fumetto con cui inaugurare questa rubrica: Il ragazzo invisibile, “liberamente ispirato” all’omonimo film di Gabriele Salvatores per Rai Cinema e Indigo Film e pomposamente sottotitolatoGraphic novel come da dettami del marketing vigente (ma in tv da Fabio Fazio il regista premio Oscar l’ha corretto sorridendo: “Sì, il fumetto”) .
Si tratta di 3 albi Panini Comics da 48 pagine a 3,50 euro l’uno (usciti in edicola dal 6 novembre), disponibili anche con fotografiche copertine variant a 6 euro l’una e per il primo numero con un’ulteriore copertina “effetto invisibile” firmata dalla rockstar Davide Toffolo (fumettista e cantante dei Tre Allegri Ragazzi Morti), oltre che reso disponibile su Kindle e in altri 50 store da Panini Digits Italia. In coincidenza dell’uscita del film il prossimo giovedì 18 dicembre, i tre albi saranno raccolti in un unico volume da 144 pagine a 15,90 euro nelle fumetterie e librerie di varia, arricchito dagli ormai imprescindibili “contenuti speciali” sulla lavorazione del fumetto in parallelo a quella del film – ma anche negli albi ci sono sketch e layout, interviste a regista, sceneggiatori e fumettisti, più il musicista Galapaghost con codice QR per scaricare la canzone inedita del film – e affiancato al romanzo realizzato per Salani dagli sceneggiatori Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo e al cd della colonna sonora.
Il fumetto si segnala quindi non soltanto in sé, ma anche perché parte integrante di quella che a tutti gli effetti è la prima operazione coordinata di fiction crossmediale, secondo gli ormai consueti standard produttivi particolarmente sviluppati in Paesi come Giappone e Stati Uniti.
Ai testi è stato chiamato Diego Cajelli, sceneggiatore non nuovo a esperienze vicine all’immaginario supereroistico come la rilettura dei miti greci nella serie Mytico! (2012) per RCS Quotidiani nonché del cinema d’azione come Chef Rubio Food Fighter (2014) e la miniserie Long Wei (2013-14) per Star Comics.
In ognuno degli albi (che attraversano diversi piani temporali, saggiamente collegati visivamente e tramite riferimenti testuali) si avvicendano ai disegni gli esperti Giuseppe Camuncoli, Werther Dell’Edera e Alessandro Vitti, noti sia al mercato italiano che in quello statunitense per “le due grandi” Marvel e DC, come la copertinista Sara Pichelli (ormai nome di punta della Marvel). Esperienze tricolori anche per le coloriste Giovanna Niro e Francesca Piscitelli, che danno ulteriore profondità alle tavole.
Come ha avuto buon gioco a dichiarare Cajelli nel suo blog, “Visti i nomi dei disegnatori coinvolti, potevo anche scrivere la sceneggiatura bendato, alla guida di un triciclo in discesa dallo Stelvio contromano strafatto di Genepy, e ne sarebbe uscito un fumetto fighissimo lo stesso”. Aggiungendo: “Certo, ci sono delle scene che vedrai anche sullo schermo, ma per la maggior parte il fumetto racconta tutto quello che non c’è. Va a completare, approfondire, raccontare in parallelo l’universo interno del film”.
Non si tratta insomma – ed è mille volte un bene – di una mera riscrittura in un altro medium (inutile e pure dannoso, rovinando anziché esaltando reciprocamente visione e lettura: Cajelli ha elaborato il soggetto con gli sceneggiatori), ma di un’espansione (comunissima a chi segue fumetti e giochi multimediali) in grado di fornire ulteriori colpi di scena sull’opera nel suo complesso.
Partendo dalla constatazione di come, nei turbamenti dell’adolescenza, “tutti dobbiamo fare una scelta: diventare un adulto o decidere di essere un supereroe” (efficare sintesi di Salvatores), il film narra l’esperienza del 13enne Michele che mentre si sente invisibile agli occhi del mondo si scopre il reale superpotere dell’invisibilità: per il regista un evidente passepartout per parlare della società di oggi. Attorno a questo spunto, il fumetto racconta più estesamente un’avventura d’azione sul passato di Andreij, un altro Speciale con superpoteri che, in un fuga da un campo di concentramento in Siberia, aiuta Michele a scoprire di più su se stesso e la sua origine. Il risultato forse soffre un po’ nella divisione degli albi così come dei piani temporali, ma letta nella sua interezza la storia funziona: ritmo, impaginazione e personaggi guardano alle avventure dei “supereroi con superproblemi” del nuovo millennio senza scimmiottarle (pause, silenzi e voce narrante comprese), lasciando gli appassionati con la voglia di saperne di più (e non è detto che ciò non avvenga, sulla carta come sullo schermo).
A conti fatti, a prescindere dalla nascita all’interno di un progetto più ampio, la vicenda a fumetti del Ragazzo invisibile è convincente. Per la Panini un’occasione che sarebbe stata criminale lasciarsi sfuggire (e forse più ancora sprecare): quella di collaborare a un nuovo tassello tutto italiano dell’epica del supereroe contemporaneo. Per gli autori, un’esperienza senz’altro positiva che li ha messi a confronto con le moderne strategie produttive di larga scala (pur al traino di quelle a larghissimo raggio hollywoodiano). Per i lettori, la dimostrazione che anche oggi – in una ricerca a perenne rischio di Tu vuò fa l’americano, che tra alti e bassi va avanti dal secondo Dopoguerra – un supereroe italiano è possibile.