Diavolo di un Renzi, c’è riuscito ancora. Zitto zitto, nella sorpresa generale, il Consiglio dei Ministri della vigilia di Natale ha sfornato una nomina (quasi) inaspettata, quella dell’economista Tito Boeri alla Presidenza dell’Inps. Personalmente, la scelta mi piace: accademico della Bocconi, ideatore e curatore del sito lavoce.info, editorialista, Boeri rappresenta una nomina solida e competente, peraltro estranea al circolo di potere politico-amministrativo romanocentrico. Inoltre, il regalo di Natale arriva dopo il commissariamento di Tiziano Treu, chiamato a guidare la transizione del post-Mastrapasqua, con tutte le ben note polemiche che accompagnarono quel traumatico addio alla poltrona della guida dell’Ente. Questa nomina ha molte implicazioni, soprattutto legate al tema pensioni, su cui senza dubbio ci sarà da dibattere nei prossimi mesi. In questa sede, però, mi preme una riflessione di metodo. All’indomani della caduta di Mastrapasqua si aprì immancabilmente il “totonomine”: più di qualcuno sostenne, però, che in occasione delle nomine apicali di grandi organizzazioni pubbliche o a rilevanza pubblica fosse opportuno, in omaggio ai totem del merito e della trasparenza, procedere a selezioni pubbliche, aperte e competitive. Si pensi, a questo proposito, a quanto accaduto con la nomina a Direttore Generale dell’AgiD o a cosa intende fare il ministro Franceschini per la direzione di importanti poli museali. Da questo punto di vista, tuttavia, il Governo ha proceduto zigzagando, muovendosi fra procedure aperte e nomine al fulmicotone, fra le quali ricade quella del 24 dicembre. Pronta l’obiezione, formulata dallo stesso Boeri: senza criteri, valutazioni oggettive e, soprattutto, motivazioni chiare ed espresse, la musica non cambia, e siamo di fronte a cooptazioni mascherate. Ecco perché, a bocce ferme, è bene dirsi soddisfatti della nomina del Governo alla presidenza dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Tuttavia, non possiamo e non dobbiamo smettere di chiedere che si arrivi ad ottenere procedure di nomina, a tutti i livelli, in tutte le strutture pubbliche, che seguano iter ben precisi: costruzione di criteri di selezione predeterminati, manifestazioni di interesse pubbliche ed aperte, pubblicazione dei cv dei candidati, scelta – che rimarrà sempre e comunque ancorata a un certo grado di discrezionalità – trasparente nelle motivazioni, che si leghi alla chiara assunzione di responsabilità del nominante di fronte alla comunità nazionale e agli stakeholder di riferimento. Questo serve, è bene ricordarlo, a ricostruire, pezzo dopo pezzo, il capitale reputazionale del corpaccione politico-burocratico nazionale che siamo riusciti a dilapidare senza pensarci due volte. Non rappresenta l’unica leva, certamente: ma chi, come e perché sono risposte per le quali non è più opportuno aspettare le domande.
27 Dicembre 2014