(Es)cogito, ergo sumCharlie Ebdo: quando la spada uccide più della penna

Ci avevano insegnato che ne uccide più la penna che la spada e che una risata ci avrebbe salvati. Noi ci avevamo creduto, con l’entusiasmo e la sicumera di chi è convinto da sempre di abitare nell...

Ci avevano insegnato che ne uccide più la penna che la spada e che una risata ci avrebbe salvati. Noi ci avevamo creduto, con l’entusiasmo e la sicumera di chi è convinto da sempre di abitare nella parte giusta del mondo. Ingenuamente, pensavamo che questo sarebbe bastato per metterci al sicuro.
Da ieri invece tutto è cambiato, lasciando lo spazio all’horror vacui.
Quella spada ha ucciso e seppellito le risate, senza alcuna pietà, spezzando per sempre le matite impertinenti che si erano permesse di ironizzare sull’Islam. Lo ha fatto quando nessuno se lo aspettava, anni dopo le polemiche scaturite dalla pubblicazione di vignette giudicate irriverenti. Ha agito quattro anni dopo che la sede di “Charlie Hebdo”, nel 2011, era stata incendiata. Il terrore ha operato vigliaccamente, senza un grammo di compassione, lasciando a terra tredici persone.
Oggi siamo annichiliti, indignati e spaventati.
Torna alla mente un episodio del 2002 quando, l’allora senatore a vita Francesco Cossiga, subito emulato da zelanti censori, chiese di rimuovere dall’interno della basilica di San Petronio a Bologna, l’affresco di Giovanni da Modena in cui viene rappresentato l’Inferno dantesco e vede Maometto, collocato dal poeta fiorentino tra i “seminatori di scandalo e scisma”, mentre viene azzannato da un diavolo scatenato. Il dipinto, risalente al 1410, doveva essere rimosso e spostato perché offendeva l’Islam. Fortunatamente, il buon senso di chi allora sedeva sulle poltrone della Soprintendenza bolognese, evitò di accogliere quell’istanza. Avallare quella richiesta avrebbe significato amputare un pezzo della nostra civiltà e del nostro passato, creando un pericoloso precedente.
Quello che è successo ieri a Parigi è solo l’epifenomeno, la manifestazione secondaria di un radicalismo islamico pericoloso e incontrollabile, che non ha Stato, non possiede né un quartier generale, né caserme, né divise. E’ subdolo e può annidarsi ovunque. Dietro questi uomini si nasconde la realizzazione di un piano criminale della parte malata dell’Islam, quella che si sta pericolosamente espandendo come una metastasi incontrollata e che mira a distruggere i pilastri su cui si fonda l’Occidente. Non è affatto un caso che sia stata colpita al cuore la città che, più di ogni altra, in Europa ha fatto della libertà, in ogni sua declinazione, un punto d’orgoglio da sempre. La Parigi illuminata e illuminista di Voltaire; la Parigi del coraggioso ‘Discorso sulla libertà di stampa‘ di Robespierre, tenutosi al club dei Giacobini il 9 maggio 1791; la Parigi dell’ostinata abnegazione di Jean Paul Sartre, quando- già insignito del Premio Nobel (che rifiutò)- nel 1968 distribuiva gratuitamente le copie sequestrate del giornale “Le Cause du Peuple”, venendo arrestato proprio in nome della libertà di stampa.
 L’Occidente, per difendersi da questi codardi attacchi liberticidi, non ha arma migliore che continuare a coltivare con sprezzo del pericolo e irriverenza la sua libertà d’espressione, senza buonismi di sorta e inutili opportunismi.

Lo deve fare per poter sopravvivere, per ritrovare il nerbo della vitalità perduta e per omaggiare tutti coloro che-  non solo ieri- sono morti per le proprie idee.
 

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