Divampano le polemiche sulla organizzazione di un convegno a difesa della famiglia organizzato dalla Regione Lombardia con alcune organizzazioni cattoliche: “Difendere la famiglia per difendere la comunità”. Se da una parte si protesta perché il tono del convegno sarebbe omofobo o, comunque, contro le diverse forme di famiglia, dall’altra si replica che l’evento è pienamente legittimo, indetto con la collaborazione della maggioranza in Consiglio regionale, in virtù di un programma elettorale specificamente incentrato sulla tutela e il sostegno alla famiglia. Dispute a parte, intanto mi domanderei: ma difendere la famiglia da chi? Incredibile come ci si trovi e ritrovi sempre al medesimo punto di partenza: la difesa dall’oscuro nemico (i relativisti? I gay? Gli scapoli?) che vuole abbattere l’istituzione cardine delle società. Insomma, uno scontro ideologico che, tuttavia, a differenza di quanto riportato su Avvenire, è a senso unico. Come ho avuto modo di sostenere nel caso del fenomeno delle “Sentinelle in piedi”, chiunque deve vedere garantito il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, naturalmente. Ed anzi, occorre mobilitarsi contro chi vorrebbe impedire a chicchessia di dire come la pensa, a maggior ragione se quelle idee non ci piacciono. E i fatti terribili delle ultime ore dovrebbero ricordarcelo in modo drammatico. Ci sono associazioni e cittadini che reputano che un certo modello relativistico sia teso a distruggere la famiglia “ortodossa”? Liberissimi di farlo. Trovo, personalmente, che sia non condivisibile e antimoderno, ma farò di tutto perché quella opinione possa essere esplicitata sempre e ovunque. Quello che trovo stonato è che un’istituzione pubblica come la Regione Lombardia voglia porci sopra un doppio bollino. Il primo in qualità di ente territoriale che deve tutelare e promuovere i diritti di tutti i cittadini, sia quelli che hanno votato per il Presidente pro tempore, sia coloro che non lo hanno fatto, utilizzando una elementare, istituzionale prudenza quando si tratti di temi che investono la sfera personale dei cittadini. Una questione di opportunità politica, che poteva essere superata garantendo, perlomeno, una presenza plurale per favorire il dialogo. Il secondo pretendendo di utilizzare, illegittimamente prima ancora che in modo del tutto inopportuno, il logo di Expo2015. Tanto per ricordarlo, il motto di Expo è “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”: qualcuno sa spiegarmi cosa ha a che fare il tema dell’alimentazione con la difesa (!) della famiglia? Basta, inoltre, leggersi temi e finalità di Expo legate alla concessione del logo, elencati sul sito ufficiale della manifestazione, per rendersi conto che l’utilizzo dello stesso per questo convegno è tecnicamente non praticabile: per tacer del fatto che esso viene concesso per “iniziative di alto profilo culturale, scientifico e/o umanitario, in attinenza con i valori fondanti del BIE (pace, tolleranza, dialogo, ecc.)”. Ecco, niente infingimenti, per favore: è, d’altronde, la stessa Assessora regionale alle Culture, Identità (sic!) e Autonomie della Regione a dire come stanno davvero le cose: “Il fattore scatenante di questa nostra iniziativa è l’indignazione rispetto alla campagna di denigrazione e repressione messa in campo da molto tempo e soprattutto nell’ultimo periodo contro le ‘Sentinelle in piedi’”. Politicamente limpido, epic fail istituzionale.
10 Gennaio 2015