Gorky ParkBombe sulla pace ibrida

Mentre a Kiev si sono ricordate le vittime della rivoluzione di Maidan di un anno fa e trentamila persone hanno sfilato domenica scorsa in quella che è stata chiamata la Marcia della dignità, a Kha...

Mentre a Kiev si sono ricordate le vittime della rivoluzione di Maidan di un anno fa e trentamila persone hanno sfilato domenica scorsa in quella che è stata chiamata la Marcia della dignità, a Kharkiv, nell’est del paese, nello stesso giorno una bomba ha causato la morte di due persone e almeno dieci feriti tra i partecipanti a una manifestazione analoga. Secondo i servizi segreti ucraini si è trattato di un attentato di matrice filorussa e quattro sospetti sarebbero già stati arrestati. Dietro la strage ci sarebbe insomma il Cremlino.

La realtà è però che la questione non è così semplice. Da un lato la regione di Kharkiv, che confina con i territori occupati dai separatisti, è una di quelle più esposte alle infiltrazioni e se il conflitto nel sudest si dovesse allargare, l’effetto domino passerebbe da qui per arrivare al Mar Nero, verso Odessa, che nei mesi scorsi è stata più volte obiettivo di simili attacchi. Dall’altro, gli oblast dell’est sono sempre stati scettici nei confronti di Kiev e del nuovo tandem al comando costituito da Petro Poroshenko e Arseni Yatseniuk, e anche ai tempi della rivoluzione contro Victor Yanukovich si erano schierati in larga parte con quest’ultimo.

Le regioni di Kharkiv e Odessa sono terreno fertile contro il potere centrale attuale, senza bisogno di troppi aiuti dall’esterno. È su questo punto che presidente e governo sottovalutano la situazione e i rischi annessi e connessi, affidandosi solamente alla retorica antirussa. Il pericolo di un prossimo deragliamento è dietro l’angolo.

Anche nel Donbass, dopo che separatisti e ribelli hanno dato in questi due ultimi giorni segnali di distensione, tra lo scambio di prigionieri e l’inizio del ritiro delle armi pesanti dalla linea di demarcazione, è risalita di nuovo la tensione. Nei pressi di Mariupol sono stati registrati scontri nel villaggio di Shirokino, a metà strada tra il porto strategico controllato dai governativi e Novoazovsk, in mano ai filorussi. Kiev teme uno sfondamento sulla direttrice che conduce alla Crimea, anche se Mariupol è una città di quasi mezzo milione di abitanti e per la sua conquista non basterebbe probabilmente un attacco da terra, ma sarebbe necessaria l’aviazione, con una sensibile escalation nella qualità del conflitto.

A scanso di equivoci anche per questo nella vicina Dnipropetrovsk si starebbe formando un comando generale alternativo per i battaglioni di volontari che affiancano le truppe regolari. Si tratterebbe di una struttura parallela, non più integrata nel ministero della Difesa, autonoma e dietro alla quale ci sarebbe l’oligarca governatore della regione Igor Kolomoisky, nemico giurato di Vladimir Putin, ma anche rivale interno per il presidente ucraino Petro Poroshenko. La tregua fissata dagli accordi di Minsk è sempre in bilico e il lavoro degli osservatori dell’Osce che dovrebbero sorvegliarla, sempre più difficile.

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