Oggi a pagina 23 il Corriere della sera pubblica la lettera di Emilio Cabasino, padre di una ragazza di 14 anni che insieme ai suoi compagni della JuniOrchestra (l’Orchestra giovanile della Accademia di Santa Cecilia) si è esibita all’evento del Pd dedicato alla scuola “La Scuola che cambia, cambia l’Italia”. La lettera si rivolge al premier Matteo Renzi. Questo padre scrive che sua figlia “è tornata a casa in lacrime umiliata e mortificata dalla totale assenza di attenzione da parte del pubblico durante la loro esecuzione successiva al suo intervento. Mentre i ragazzi erano impegnati nella difficile esecuzione di musiche di Beethoven e di Tchaikowsky il pubblico in sala era principalmente impegnato a prodigare saluti, non solo parlando a voce alta, ma camminando e urtando i ragazzi, rendendo di fatto impossibile l’esecuzione stessa. Lei stesso non ha prestato alcuna attenzione alla musica preparata e studiata dai ragazzi espressamente per questa circostanza”.
Non ero presente all’evento e non posso confermare quanto descritto dal signor Cabasino. Ma non mi stupisco. Per due ragioni. Primo: il pubblico dei concerti sta diventando sempre più indisciplinato, rumoroso e distratto. Secondo: è cronico il disinteresse della politica italiana nei confronti della musica. Frequento sale da concerto da circa trent’anni e posso testimoniare che i politici italiani brillano per la loro assenza. Ai concerti dell’Accademia di Santa Cecilia ho visto venire per passione (non invitati per eventi speciali) soltanto Giorgio Napolitano, Gianni Letta e Sergio Cofferati. Discorso a parte per gli intellettuali, come Alberto Arbasino e Luigi Spaventa, prestati per qualche tempo alla politica.
C’è invece un posto dove trovi sempre i politici italiani. La tribuna vip degli stadi di calcio. La passione per il calcio è non solo bipartisan, ma tri, quadri e penta partisan. Nella bella e nella brutta stagione, anche se fa freddo, piove e tira vento, parlamentari e ministri sono lì a tifare, ridere, scherzare, imprecare, twittare. Certo, ognuno ha il diritto di svagarsi come gli pare e il calcio è, sempre più raramente in Italia, un bellissimo sport. Nessuno vuole trascinare a forza Renzi, Alfano, la Meloni o Salvini in una sala da concerto o in un teatro d’opera ad ascoltare Beethoven, Tchaikowsky e, non sia mai, Wagner o Mahler.
Però se a un evento sulla scuola inviti i ragazzi di una orchestra giovanile brava e preparata come la JuniOrchestra di Santa Cecilia, quei ragazzi li devi rispettare e ascoltare. Come meritano. Anche se oggi (e il discorso vale per tutti, non solo per i politici, sia chiaro) ascoltare costa fatica, devi stare in silenzio e magari sei costretto a tenere in tasca, spento o silenziato, quel telefonino che è ormai diventarto una protesi fissa della nostra mano. Ma evidentemente oggi la musica, sopratutto se “impegnata”, è considerata un tappeto sonoro che fa da sfondo alle nostre chiacchiere di “api ronzanti” (come scriveva Montale).
Chi ha suonato con Claudio Abbado dice sempre che il maestro parlava molto poco alle prove. Non dava ordini, ma invitava soprattutto ad ascoltare. “Ascoltatevi fra voi e suonerete meglio”, diceva ai suoi orchestrali. Impariamo ad ascoltare. Con rispetto e attenzione. Anche se la musica è eseguita da sconociuti ragazzini. Anzi, a maggior ragione. Vedrete che poi sapremo parlare anche meglio. E magari anche meno.