Un anno in più di lavoro per le donne nel 2014. 14 mesi in più di lavoro nel 2015… e così via. E’ in questo modo che il governo Italiano inserisce toppe (più o meno invano) per tentare di risolvere l’incredibile problema della pensioni.
Ma come abbiamo fatto ad arrivare ad avere 2 mila miliardi di debito pensionistico, che è quasi la metà dell’intero debito pubblico finanziario di tutti i paesi UE? La risposta è semplice: il sistema pensionistico italiano, non ha funzionato. E allora perché mettere toppe qua e là, pagate ogni 5, 10 anni dai lavoratori Italiani? Sarebbe tempo di riformare l’intero sistema pensionistico del paese, prendendo ad esempio spunto da quello cileno, considerato uno dei sistemi migliori al mondo.
La riforma delle pensioni in Cile, paese più ricco del Sud America, e uno tra i più alti al mondo per sviluppo umano (HDI), fu messa in atto durante l’inizio degli anni 80 dello scorso secolo da Josè Piñera, giovane economista laureato ad Harvard e specializzato a Chicago, dove già si respirava già aria di libertà economica grazie al presidente Reagan, e al contributo del futuro premio Nobel, Milton Friedman.
Venendo alle caratteristiche, il sistema pensionistico Cileno è detto “a capitalizzazione individuale”. Questo termine indica un processo molto semplice: significa infatti, che lo Stato smette di interferire (in maniera inefficiente) nella vita del cittadino, e lascia il lavoratore libero di versare i contributi a fondi pensionistici privati e decidere quando e come andare in pensione. Ogni lavoratore viene dotato di un libretto pensionistico, in cui può tenere d’occhio la situazione dei suoi contributi in maniera molto semplificata: quanto stanno rendendo, quando ho versato in totale, quando ottengo se vado in pensione tra tot anni ecc.
Questo sistema ha funzionato talmente bene che il 99% dei Cileni, avendone ormai la possibilità, ha scelto di affidare i propri contributi ad un certo numero di aziende private, che investono in pacchetti diversificati di azioni e bond a basso rischio.
I lavoratori possono inoltre spostare i propri contributi tra i diversi fondi, e questi ultimi sono quindi sempre più incentivati a offrire le migliori condizioni possibili di investimento.
Si stima che in media, e al netto dell’inflazione, il conto di ogni lavoratore abbia fruttato oltre il 12%, permettendo ai pensionati di giungere a ricevere quasi l’80% del reddito medio degli ultimi 10 anni di lavoro. Insomma, questa riforma ha effettivamente funzionato, dati alla mano. Per questo motivo, sono tanti i paesi, specialmente in via di sviluppo o di recente costituzione, che stanno adottando il sistema pensionistico cileno, e persino gli Stati Uniti di Bush ci avevano fatto un pensierino.
Ebbene, tornando alle nostre pensioni, cosa può insegnarci riguardo al risparmio uno Stato che ha perdite miliardarie, un debito pubblico di più di 2.000 miliardi di euro? Niente. E’ ora che l’Italia, ultima della classe, cominci a copiare o imparare dai primi della classe o a scontarne gli errori saranno, come sempre, le future generazioni.