Nel mondo globalizzato di oggi, creare un fumetto ex novo (nella forma del cosiddetto graphic novel a sé stante, o a sviluppo seriale che sia) pensando soltanto all’Italia e al pubblico italiano è quasi un’utopia. Non a caso perfino gli editori cercando alleanze, coedizioni e succursali limitrofe.
La Diábolo Edizioni (con il motto di Héctor G. Oesterheld, sceneggiatore desaparecido e creatore dell’Eternauta: “Ricorda, la fantasia è il potere più grande. Se si imprigiona la fantasia e la voglia di sognare, si uccide la libertà!”) è un ottimo esempio, con Riccardo Zanini gemellatosi alle Diábolo Ediciones di Lorenzo Pasqual e iniziando a produrre fumetti, come questo Tutte le ossessioni di Victor (144 pagine a 15,95 euro).
Il protagonista creato dallo svizzero Davide Calì (attivo soprattutto nel mercato francese, con una sessantina di titoli tradotti in oltre 30 Paesi) e il tarantino Pasquale Todisco in arte Squaz (fra i più celebri della scena indipendente italiana, oltre che collaboratore delle principali riviste) ha una vita pervasa da ossessioni: il sesso, le racchette da tennis, le brioche al cioccolato, i videogiochi e tutto quanto gli richiama alla mente ricordi d’infanzia dolciamari.
Non a torto definito “a cavallo tra Woody Allen e Daniel Clowes”, Victor ci racconta in prima persona la sua vita quasi sempre imbarazzante (“Penso che se andassi da uno strizzacervelli mi direbbe che tutto risale all’infanzia. Beh, facile… io ho avuto un’infanzia piena di traumi”) e naturalmente esilarante per il lettore.
Lo stile di Squaz è come sempre fra il pop e l’underground, con la massima leggibilità e una colorazione che alterna momento coloratissimi ad altri più cupi, mentre le vicissitudini tragicomiche (come la vita, del resto) ideate da Calì diventano un specchio in cui ritrovare le proprie ossessioni quotidiane.
A conti fatti, un fumetto che diventa uno strumento educativo, per migliorare il rapporto con sé stessi: non ce ne sono molti, di questi tempi… per di più con una tale leggerezza, di cui si sente sempre più spesso la mancanza, e per questo ancor più preziosa.