L’Ucraina inizierà i colloqui per la ristrutturazione del debito a partire da venerdì. Lo ha annunciato oggi il ministro delle Finanze Natalia Yaresko, sottolineando come la necessità di ridurre la pressione del debito pubblico sulle finanze statali sia una delle priorità del governo dopo l’accordo appena raggiunto con il Fondo Monetario internazionale per il nuovo pacchetto di aiuti da 17,5 miliardi di dollari per i prossimi quattro anni.
Il debito pubblico ucraino ammonta al 94% del pil e secondo il Fmi dovrebbe scendere al 71% dopo la ristrutturazione prevista nei prossimi quattro anni. La prima tranche del programma di aiuti da 5 miliardi è in arrivo a Kiev alla fine di marzo e servirà a dare la prima boccata d’ossigeno a un Paese arrivato sull’orlo del baratro. Nonostante le dichiarazioni ottimistiche da entrambe le parti, con la direttrice del Fmi Christine Lagarde che ha parlato di “forti prospettive di successo” e il governo ucraino che ha assicurato l’implementazione puntuale del programma di riforme, sul destino dell’economia e in sostanza sul futuro dell’ex repubblica sovietica pesa ancora in maniera enorme la situazione nel Donbass.
La guerra nel sudest del Paese è la spada di Damocle che rischia di cadere sulle teste sia del presidente Petro Poroshenko e del premier Arseni Yatseniuk, che su quelle di tutta la comunità internazionale occidentale impegnata nel salvataggio dell’Ucraina. Il piano di sostegno che coinvolge Fmi, Stati Uniti, Unione Europea e altri singoli stati arriva complessivamente a circa 40 miliardi di dollari e la concessione degli aiuti non è a fondo perduto, ma legata in primo luogo alla stabilizzazione sul breve periodo e in secondo luogo alle riforme strutturali da effettuare su quello medio.
A complicare il quadro vi sono anche le difficile relazioni tra Ucraina e Russia e l’insoluta questione del gas. Se lo scorso autunno è stato siglato con la mediazione dell’Unione Europea il cosiddetto “pacchetto invernale”, entro al fine di marzo dovranno essere rinegoziate le condizioni per le forniture future. Senza un accordo stabile, la questione energetica rischia di rimanere per Kiev uno dei maggiori ostacoli verso la normalizzazione.
La nuova intesa con il Fondo Monetario sostituisce quella dell’aprile del 2014 che prevedeva aiuti per circa 17 miliardi di dollari per un periodo di due anni, più circa altre 10 miliardi concessi da altre istituzioni internazionali, a partire dalla Banca mondiale. Basandosi però su previsioni di recessione normale e considerando il fatto che il conflitto del Donbass ha inciso gravemente sullo sviluppo dell’intero paese, il programma ha dovuto essere rivisto e ancora adesso è legato a come si evolverà la situazione sia tra Donetsk e Lugansk, nei territori occupati dai separatisti, sia nella capitale, dove presidente e primo ministro sono sottoposti a esplosive pressioni interne.
A differenza del programma del 2014, nell’ambito del quale sono arrivati in Ucraina in realtà 9 miliardi di dollari, quello attuale prevede aiuti maggiori e spalmati su quattro anni anziché su due, prevedendo in teoria di tentare di aggredire i problemi strutturali sul medio periodo. In sostanza gli aiuti previsti per il periodo 2014-2018 arrivano a circa 50 miliardi di dollari.
Kiev, nella lettera d’intenti inviata al Fmi e firmata oltre che da Poroshenko e Yatseniuk anche dalla ministra delle Finanze Yaresko e dalla governatrice della Banca centrale Valeria Gontareva, si impegna in ambizioso programma di riforme indirizzate tra l’altro a garantire la stabilità finanziaria, rafforzare le finanze pubbliche, riformare il settore energetico e combattere la corruzione.
Secondo i dati forniti dal governo ucraino il 2015 sarà però ancora un anno nero, con il pil in caduta del 5% e l’inflazione al 25%, mentre solo nel biennio 2016-2018 dovrebbero vedersi i segni di miglioramento con una crescita del 4% e la corsa dei prezzi dimezzata. Se le previsioni sono attuali, il pericolo che fra qualche mese vadano a rotoli è alto, dato che l’incertezza nel Donbass e la riapertura di quella crisi che è momentaneamente congelata possono rendere i piani di ora carta straccia.
Per gli ucraini il programma del Fondo Monetario si annuncia inevitabilmente come lacrime e sangue, a partire dall’aumento delle tariffe per il gas domestico che dal 1 di aprile cresceranno del 285%. Questa e altre misure per il contenimento delle spese sociali sono destinate ad accrescere la tensione tra la popolazione che dalla rivoluzione di febbraio 2014 è rimasta imprigionata nelle speranze di cambiamento di fronte alla realtà condizionata inevitabilmente dalla guerra. In definitiva, senza una vera soluzione della questione nel Donbass, il salvagente per tenere a galla l’Ucraina dovrà essere un’altra volta allargato.